Alla deriva, resta con me

Baltasar Kormákur e l'arte di far parlare l'amore anche durante una tempesta

 

Non basta una vera e bella storia per avere un bel film. Così come non basta vivere una bella storia per avere una bella vita. Resta con me, o meglio Adrift, titolo originale, è uno shipreck movie (film sul naufragio). Il regista islandese Baltasar Kormákur non è nuovo alle storie di sopravvivenza e sul confronto impari fra uomo e natura: il suo film precedente, Everest, aveva al centro la disastrosa spedizione di un gruppo di scalatori sulla montagna più alta del mondo. Attivo anche in ambito teatrale il regista pare voler ingannare lo spettatore. Nella prima scena sembra essere nel film Lo squalo di Spielberg ma vi renderete conto che la creatività e surplus narrativi  non mancheranno all'interno del film.

Sia Everest che Resta con me sono basati su storie vere, e in entrambi i casi il regista fa intuire che, all'origine del dramma, ci sia una componente di hybris, di sfidare gli elementi per un desiderio di avventura destinato ad incontrare una sorta di punizione divina. Ma in Resta con me c'è l'amore, che ricongiunge i due protagonisti "alla deriva" e rende il loro legame àncora di salvezza. È su questo tasto che Kormákur fa leva non tanto per creare una storia romantica in grado di avvicinare il pubblico giovanile, quanto per costruire il percorso di affermazione ed emancipazione di Tami, per cui Richard diventa una sorta di forza interiore invincibile.

È Tami a voler attraversare l'infinito orizzonte, e lui la sprona in quella direzione, aiutandola a superare le sue paure e le sue esitazioni.

Ci sono sensazioni che non possono essere spiegate ma vanno vissute. Così questo film, per capire cosa voglia dire finire "alla deriva" - esatta traduzione del titolo inglese e che meglio rende la trama - nella vita così come in mare. I due protagonisti, innamorati, prima di incontrarsi, della propria libertà, vivono e ci raccontano una storia d'amore come se fosse racchiusa in una macchina fotografica analogica, dove gli scatti non sono infiniti ma sono preziosi, vanno scelti con cura. Poi successivamente sviluppati e raccolti con delicatezza in un ricordo piacevole. E' il ricordo di un amore libero e avventuriero che tiene in vita la nostra protagonista. Il ricordo di una libertà non più solitaria ma condivisa. La scelta di attori come Shailene Woodley (Colpa delle stelle) e Sam Claflin (Prima di te) non pare per nulla casuale. Entrambi biondi come i protagonisti, giovani e coraggiosi. L'approdo sul grande schermo di questa incredibile e terrificante vicenda lo dobbiamo soprattutto ai due fratelli sceneggiatori Aaron e Jordan Kendell, già artefici della deliziosa Oceania della Disney.

L'intera storia è raccontata con un lungo flashback, che tiene lo spettatore costantemente in attesa di una verità.

La loro scelta è stata quella di impostare la narrazione su due linee temporali: su un piano c'è la battaglia per la sopravvivenza dopo che il possente uragano Raymond ha ribaltato e fatto a pezzi l'imbarcazione dei protagonisti; l'altra linea narrativa segue gli innamorati dal primissimo incontro fino ai giorni del fatale incontro con la tempesta. Questo permette di porre le scene emozionanti e spettacolari della barca straziata dall'uragano al cuore del film, e farle coincidere (nell'altra linea narrativa) con il momento più rivelatore e insieme tragico della vicenda della sopravvissuta, con buon effetto drammatico. Al di là di questa apprezzabile architettura narrativa, il film ha da offrire qualche sorpresa e una realizzazione tecnica che lo rende più dinamico e teso; come quando Tami, che riprende i sensi dopo il naufragio, emerge dalla devastazione dello yacht e combatte per uscire da sotto coperta: una sequenza che mostra la capacità del regista islandese di tenere testa sia alla sfida di girare scene in acqua sia di portare una storia d'amore non proprio originale fino alla fine senza farla pesare allo spettatore.

A tratti Korkàmur sembra essere su quella imbarcazione, sia durante le scene romantiche con la cornice di un tramonto rosso melograno sia nelle fasi traumatiche del naufragio.

Pura poesia quando ci si immerge in quelle acque cristalline o quando si è di fronte a onde alte più di 12 metri. Quasi catapultati oltre che nell'oceano nei versi Dialogo della Natura e di un Islandese di Leopardi:Tu sei nemica scoperta degli uomini, e degli altri animali, e di tutte le opere tue; che ora c'insidii ora ci minacci ora ci assalti ora ci pungi ora ci percuoti ora ci laceri, e sempre o ci offendi o ci perseguiti... Ma la Natura e Leopardi non sapevano forse della forza dell'amore e della speranza che trasmette questo sentimento tormentato e a tratti allucinante. Attenzione a non rimanere allucinati durante il film, potreste rischiare di "naufragare" ...

 

 




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