Sarà un momento di grande festa diocesana la celebrazione della Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, in programma giovedì 19 giugno. Alle 19:00, il vescovo Francesco Marino presiederà la Santa Messa, presso la Cattedrale di Nola, e darà poi il via alla processione per le vie della Città.
Quest'anno, alla celebrazione della solenne festa, occasione per rafforzare la propria fede, contemplando la presenza reale di Gesù Cristo nel sacramento dell'Eucaristia, prenderanno parte il clero e le comunità parrocchiali della diocesi.
La processione nolana seguirà questo percorso: Corso Tommaso Vitale, via Morelli e Silvati, via Principessa Margherita, via Senatore Giuseppe Cocozza, Piazza Paolo Maggio, via Ambrogio Leone, via Giovanni Merliano, via Luigi Tansillo, via San Felice, via San Paolino, Piazza Marco Clodio Marcello, via Camillo de' Notariis, Corso Tommaso Vitale, Cattedrale.
Una solenne festa che risale al XIII secolo
La festa del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo fu istituita nel 1246 da papa Urbano IV con la bolla Transiturus. A convincere il Pontefice della necessità di istituirla fu, oltre alla proposta della mistica Giuliana de Retine, priora nel Monastero di Monte Cornelio, il miracolo eucaristico di Bolsena: nel 1245 Pietro da Praga, un sacerdote boemo di ritorno da un pellegrinaggio Roma, si fermò presso la chiesa di Santa Cristina a Bolsena per celebrare la messa; mentre spezzava l’ostia consacrata fu colto dal dubbio dell’effettiva presenza di Cristo: in quel momento dall’ostia stillarono alcune gocce di sangue che caddero sul corporale di lino - oggi conservato nel Duomo di Orvieto - e sulle pietre dell’altare della chiesa di Santa Cristina.
La Solennità del Corpus domini cade il giovedì dopo la solennità della Santissima Trinità. Le celebrazioni vengono spostate alla domenica successiva nei Paesi in cui la solennità non è festività civile, tra questi l'Italia.
Paolo VI a Orvieto nel 1964: «Cristo è il cibo disponibile e insostituibile dell’umanità redenta»
In occasione del pellegrinaggio eucaristico ad Orvieto, l'11 agosto 1964, nel VII centenario della bolla Transiturus, papa Paolo VI disse: «Nell’Eucaristia possiamo considerare tre aspetti: primo, ciò che si vede: il pane ed il vino; secondo, ciò che si crede ed è raffigurato nelle apparenze del pane e del vino, e che è in realtà il Corpo ed il Sangue di Cristo; il terzo, ciò che significa questa esibizione del Corpo e del Sangue di Cristo sotto le figure di pane e di vino (cfr. Serm. 272; P.L. 38, 1246). A questa terza questione noi possiamo dare una risposta (che non è che un frammento di quella immensa, che ci possono dare i Maestri della Teologia, primo fra essi S. Tommaso: cfr. III, 73, 3 etc.); una risposta che ci riempie di ammirazione e che ci lascia intravedere qualche cosa del pensiero di Cristo su tutto il mistero eucaristico; ed è semplicissima, perché altro non dice che questo: Cristo usando della sua divina potenza, si è rivestito di queste apparenze per affermare nel modo più espressivo ed evidente, che Egli vuol essere alimento interiore, moltiplicato per tutti. Ha voluto parlarci per via di segni per farci comprendere che Egli è il Pane, che Egli cioè è il cibo disponibile e insostituibile dell’umanità redenta. Come non si può vivere senza il pane materiale, così non si può vivere spiritualmente senza Cristo. Egli è necessario, Egli è la Vita, Egli è pronto per ciascuno di noi, Egli vuol essere il principio interiore della nostra soprannaturale esistenza terrena per essere il datore della nostra pienezza nella vita futura. A questa conclusione ci conduce e quasi ci obbliga la più elementare meditazione sull’Eucaristia; e ad essa ci invita la presente celebrazione commemorativa dell’istituzione della festa del Corpus Domini. Ed è conclusione formidabile, perché pone dinanzi a noi una scelta che ha ragione di vita, o di morte. Si tratta della scelta o del rifiuto di Cristo. Egli arriva a noi per tante vie: la storia, la tradizione, la Chiesa, il Vangelo; poi arriva Lui, Lui stesso, ma comprensibile solo per chi ha fede, e si presenta a noi nei simboli del pane e del vino, e ci dice: Io sono il tuo pane, il tuo sostegno, la tua forza, la tua pace, la tua felicità! E la scelta si pone fra Lui, il Pane del cielo, e il pane della terra, cioè le risorse che per vivere ci può dare il mondo dei beni temporali, ch’Egli pur sa essere a noi necessari, se Egli stesso ha moltiplicato i pani per la fame corporale di coloro che per ascoltare la sua voce lo avevano seguito. Si pone cioè il complesso e drammatico problema che tormenta gli uomini del nostro tempo e determina il loro orientamento vitale: se basti il pane della terra, cioè il complesso dei beni economici e dei beni temporali, a saziare la fame di vita, ch’è propria dell’uomo: se la ricerca e il godimento di questo pane terrestre ed effimero debbano ignorare il Pane del cielo, cioè Cristo, la fede, la concezione cristiana della vita, e debbano escluderlo dai programmi dell’attività moderna: e se finalmente sia a noi possibile, a noi doveroso dare a Cristo e al suo Vangelo il primato che Gli spetta, senza rimanere privi di quel pane della terra, ch’è pur dono di Dio, ch’è indispensabile alla nostra presente esistenza e che Cristo così ha benedetto da farne sacramento della sua perenne ed incarnata presenza fra noi».
Concludendo il suo discorso papa Paolo VI lanciò da Orvieto un messaggio: «Voi, figli saggi e custodi amorosi di queste tradizioni piissime e popolari, comprendete quale debba essere le soluzione di tale arduo problema, che investe, specialmente nel nostro Paese, la vita contemporanea; la soluzione non può essere diversa che un nuovo e vigoroso atto di fede in Cristo Signore e nella sua parola. Voi sentite sorgere nei vostri animi, risvegliati da queste celebrazioni, una luce, una forza spirituale, che potremmo chiamare il messaggio di Orvieto:
- non creda l’uomo di oggi di trovare altro nutrimento alla sua insaziabile fame di vita, se non nella fede e nella comunione di Cristo Signore;
- non creda l’uomo di oggi che per conquistare il pane terrestre, di cui ha bisogno la sua vita temporale, debba porre l’alternativa alla ricerca del pane della vita religiosa e della fedeltà alla vita religiosa e della fedeltà alla tradizione cattolica;
- non creda l’uomo di oggi che il tesoro di fede e di bellezza che gli viene dalla storia e dalla civiltà cristiana abbia ormai un semplice valore archeologico e folcloristico, e non pensi di poterlo degnamente conservare e conservare come un cimelio prezioso, sì, ma spento di verità e di realtà interiore: diventerebbe cenere nelle sue mani;
- ma creda l’uomo di oggi che chi cerca, sulla parola di Cristo, il regno di Dio innanzi tutto, avrà pane, avrà l’abbondanza anche dei beni naturali della scienza, della tecnica, del lavoro, dell’arte;
- creda l’uomo d’oggi che ancor più di ieri Cristo gli è necessario: risvegliati in lui i desideri della libertà, della maturità umana, del progresso sociale, della pace, sappia che non solo a possederli, ma a conoscerli nel loro vero concetto codesti ideali è necessario il Maestro, il Maestro divino che solo li può far coincidere con la verità e con la vita;
- e creda finalmente l’uomo di oggi che l’umile e fervorosa fede che Cristo nell’Eucaristia reclama da lui è per la sua redenzione, per la sua salvezza, e per la sua felicità.
Questo il messaggio di Orvieto».