Francesco Marino,
il vescovo
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Siamo venuti a vedere un segno profetico
«Carissimi, parafrasando la domanda che Gesù rivolge alle folle nella pericope del vangelo che abbiamo appena ascoltato: “Che cosa siete andati a vedere nel deserto?”, mi sovviene di chiedere a voi ora: “Cosa vi aspettate questa sera? Cosa siete venuti a vedere questa sera? Quale esperienza vi aspettate di fare questa sera, non nel deserto, ma in questa cattedrale nolana, voi che siete la Chiesa santa di Dio?”
Perché vedete, c’è una affinità tra la domanda di Gesù e la domanda che io rivolgo a voi nel nome di Gesù. Giovanni è il profeta, anzi, più che profeta: Gesù stesso dice che è il più grande tra i nati di donna e poi aggiunge che “il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui”, facendo riferimento a coloro, che nella fede, accolgono Lui in cui il Regno di Dio si fa presente, Lui che viene e viene coinvolgendo, anzi trasformando e rinnovando in radice ogni creatura. Giovanni è il profeta che annuncia e precorre il Cristo, è colui che annuncia nel tempo presente, nel mondo presente, la venuta del Regno nella persona di Gesù. Anche noi oggi, discepoli di Gesù Risorto, ormai divenuti “i piccoli del Regno di Dio”, siamo spettatori e protagonisti di un evento ecclesiale profetico che indica Cristo e, in Lui, la nuova condizione dell’umanità trasfigurata dalla sua grazia che anticipa il mondo futuro. Giovanni era rimasto evidentemente sconcertato, se dal carcere, sentendo parlare dei gesti, delle parole di Gesù e degli avvenimenti che accadevano intorno a lui, s’interroga perplesso e manda i discepoli a chiedere: “Sei tu Colui che deve venire? Sei tu il Messia? Sei tu l’inviato ultimo di Dio? Sei tu colui nel quale il Regno di Dio che tutti attendono si fa presente? “
Lo sconcerto di Giovanni dipende dalla constatazione che di quel Gesù, che egli conosceva e che pure aveva indicato come il Messia, egli ora nella solitudine del carcere sente narrare gesti e parole diversi da come egli e tutti gli altri si attendevano. Lo stile di Gesù era diverso da quello di Giovanni.
Lo stile di Giovanni era austero, era l’annuncio del giudizio tremendo di Dio sulla realtà profondamente negativa del mondo del suo tempo, che è del mondo di sempre, anche del nostro mondo il quale ieri come oggi contiene strutture di peccato, strutture segnate dal male che tanto ci fanno interrogare e ci mettono in crisi. Giovanni è il profeta della fuga dal mondo, del giudizio e del fuoco che deve venire per bruciare l’iniquità e in tal modo purificare il mondo stesso.
Lo stile di Gesù nell’annuncio del Regno di Dio presente nella sua persona è profondamente diverso: Gesù si fa conviviale con i peccatori, riconcilia, perdona; Gesù scaccia il demonio, scaccia il male con l’incondizionata gratuità del dono, con l’esperienza radicale della misericordia, della solidarietà, dell’amore di Dio che dal di dentro della realtà umana si fa solidale fino in fondo con l’umanità. Dio, con la potenza inerme dell’amore, si comunica; non lascia l’umanità abbandonata nel suo male: tutta la sua azione è di profonda redenzione e liberazione dal male, con uno stile di misericordia, solidarietà, condivisione. Il suo non è un giudizio che condanna ma un giudizio di misericordia che salva. Il suo è un giudizio che eleva, è il giudizio della grazia, dell’assoluta e incondizionata esperienza dell’amore di Dio che è Padre. Questo è una sorpresa per Giovanni - come lo era per anche per tutti gli altri-, per questo egli resta sconcertato e invia i discepoli a domandare». (Consacrazione a Cristo secondo il Rito dell'Ordo Virginum, dall'omelia del vescovo Francesco)
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