In Illo uno unum: Nola, ricordati di Gesù Cristo!

Il messaggio del vescovo Francesco Marino alla città e alla diocesi di Nola in occasione della Solennità del santo predecessore Paolino

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Guardare a Paolino quale maestro di unità, per la vita spirituale e per civile. Questo l’invito che il vescovo di Nola, Francesco Marino vuol fare alla Città e alla diocesi che guida nel 2017, con il consueto messaggio scritto in occasione della Solennità di san Paolino di Nola, patrono diocesano e compatrono cittadino, nonché patrono secondario della Regione ecclesiastica della Campania.

In Illo uno unum: la certezza che unisce Paolino e Agostino campeggia sullo stemma di papa Leone e del vescovo Marino.

Un invito che richiama il programma pastorale del vescovo di Nola, racchiuso nel suo motto episcopale “In Illo uno unum”, una citazione tratta dal commento al Salmo 127 di Sant’Agostino il quale afferma che, benché come cristiani siamo una moltitudine, lo Spirito Santo ci unisce in uno nell'unico Cristo: “In Illo uno unum”. Un motto scelto anche da papa Leone XIV, un agostianiano, conoscitore dello stretto legame di amicizia tra Paolino e Agostino. «Questa stessa espressione, così sintetica e al contempo feconda di grandi significati, da quando ero giovane studente mi ha affascinato e accompagnato nello studio appassionato per la Chiesa e l'ecumenismo. La scelsi come motto del mio episcopato nel 2005 e ora scopro con grande gioia che condivido questo sentire con papa Leone. Infatti, entrambi abbiamo voluto ricordare a tutti incidendo, senza saperlo, questa stessa esortazione nei nostri carteggi araldici. Condividiamo, dunque, lo stesso motto e avverto la sua stessa passione per costruire l'unità anzitutto nella chiesa, tra le chiese e della chiesa con il mondo. Abbiamo bisogno di costruire ponti, soprattutto in tempi dove aumentano divisioni e contrapposizioni che sfociano in guerre atroci come drammaticamente stiamo vedendo in Medio Oriente. Solo Cristo, il principe della pace, può donare una pace “disarmata e disarmante”», scrive monsignor Marino.

Un’unità possibile solo se come Paolino, precisa il vescovo di Nola, ciascuno imparerà, come ha ricordato Papa Leone XIV a «sparire perché rimanga Cristo, farsi piccolo perché Lui sia conosciuto e glorificato, spendersi fino in fondo perché a nessuno manchi l'opportunità di conoscerlo e amarlo». Per questo, chiede monsignor Marino alla Città e alla diocesi: «Nola, ricordati di Gesù Cristo (cfr. 2Tim 2, 8). Qual è il senso di quest'amorevole imperativo? “Ricordati di Gesù Cristo”, significa mettere Dio che si fa uomo per noi al centro del nostro cuore; vuol dire rendere Cristo non un'idea o un ragionamento, ma un criterio di scelta, un presupposto di ogni nostra attività. Lui è principio di unità nella Chiesa e può esserlo, per la vita e la pace del mondo, anche dentro di noi, a partire da quella unificazione interiore per cui la memoria di Lui costantemente agisce in noi».

Marino: «Se Cristo è la borda dell’esistenza la nostra vita non si piegherà né spezzerà neanche nei “vicoli più stretti” della nostra umanità».

La Festa non sia motivo di divisioni, chiede il vescovo di Nola: «Anche Pietro e Paolo avevano visioni diverse su come evangelizzare, ma tali divergenze non divennero mai contrapposizioni o lotte di schieramento, perché avevano entrambi scelto Cristo come “borda” di tutta la loro esistenza e opera missionaria. Mi sia concesso questo parallelo che non vuole essere assolutamente dissacrante: lo capiamo bene noi che seguiamo e amiamo la festa. Mettiamo Cristo come asse portante, e la nostra vita non si piegherà né spezzerà neanche nei “vicoli più stretti” della nostra umanità».

La Festa è un gioco da prendere sul serio ma senza perdere la gioia: «Evitiamo un clima bellicoso che diventi pericol per i più giovani che mai devono armarsi di violenza né in piazza né sui social».

Non manca poi un passaggio dedicato alla preziosità dei giovani per il futuro e il presente della Città e della Festa: «Ricordiamoci sempre che la festa dei Gigli in un certo modo è un “gioco”, da prendere sul serio, ma senza perderne l'aspetto gioioso e rilassante…Custodiamo questa dimensione ludica e gioiosa in un mondo che prendendosi eccessivamente sul serio diventa sempre più aggressivo e stizzito, intollerante e riluttante. Bisogna evitare, infatti, che le rigidità delle contrapposizioni creino un clima troppo acceso e bellicoso, diventando pericoloso per i più giovani che mai devono armarsi di violenza né in piazza né sui social. Affido quest'impegno a curare i toni moderati e gli atteggiamenti concilianti agli adulti e ai maestri di festa, affinché anche la festa sia realmente “casa della pace” (Leone XIV, Discorso alla conferenza episcopale italiana, 17.06.2025), scuola per educare le giovani generazioni all'edificazione e al rispetto della fraternità universale».


Il messaggio del vescovo Francesco Marino per la Solennità di San Paolino

Carissimi fratelli e sorelle della Chiesa di Nola, la pace sia con voi!

In questo giorno così caro a tutti noi, con il cuore in festa, veneriamo con amore il nostro grande san Paolino! Particolarmente quest'anno, con la sua stessa fedeltà alla chiesa di Roma, dove si recava annualmente in pellegrinaggio per incontrare il papa, la nostra gioia si apre anche alla gratitudine al Signore per la recente elezione del nuovo successore di Pietro.

Sentiamo papa Leone XIV già particolarmente vicino, direi quasi di famiglia: lui figlio di sant'Agostino, noi figli di san Paolino ci sentiamo da subito accomunati da quella stessa amicizia spirituale che legava i due santi e che fa dichiarare al mio predecessore vescovo di Nola, scrivendo al confratello vescovo d'Ippona: «Non c'è da meravigliarsi se noi, pur a lontani, siamo presenti l'uno all'altro e senza esserci conosciuti ci conosciamo, poiché siamo membra di un solo corpo, abbiamo un unico capo » (Epistola ad Agostino, VI). Un'unità che per il nostro Paolino, condividendo la visione di chiesa di Agostino, ha in Cristo il suo fondamento. Per questo papa Leone, da profondo conoscitore del pensiero agostiniano, in uno dei primissimi discorsi del suo Pontificato, parlando alle associazioni e ai movimenti ecclesiali a proposito della comunione che lo Spirito Santo crea nella Chiesa, ha voluto citare questo passaggio da un'altra lettera nella quale l'asceta nolano ritorna sullo stesso concetto: «Abbiamo un unico capo, unica è la grazia che ci inonda, viviamo di un unico pane, camminiamo su un'unica strada, abitiamo nella medesima casa. […] Noi siamo una cosa sola, tanto nello spirito che nel corpo del Signore, per evitare di essere nulla se ci separiamo da quell'Uno» (Lettera XXX, 2). In questo testo Paolino fa eco allo stupendo Commento al

Salmo 127 di Agostino, il quale afferma che, benché come cristiani siamo una moltitudine, lo Spirito Santo ci unisce in uno nell'unico Cristo: In Illo uno unum (cfr. Enarratio in Psalmum 127, n. 5). Questa stessa espressione, così sintetica e al contempo feconda di grandi significati, da quando ero giovane studente mi ha affascinato e accompagnato nello studio appassionato per la Chiesa e l'ecumenismo. La scelsi come motto del mio episcopato nel 2005 e ora scopro con grande gioia che condivido questo sentire con papa Leone. Infatti, entrambi abbiamo voluto ricordare a tutti incidendo, senza saperlo, questa stessa esortazione nei nostri carteggi araldici. Condividiamo, dunque, lo stesso motto e avverto la sua stessa passione per costruire l'unità anzitutto nella chiesa, tra le chiese e della chiesa con il mondo. Abbiamo bisogno di costruire ponti, soprattutto in tempi dove aumentano divisioni e contrapposizioni che sfociano in guerre atroci come drammaticamente stiamo vedendo in Medio Oriente. Solo Cristo, il principe della pace, può donare una pace “disarmata e disarmante”. Anche su questo punto ci appare sempre più chiaro che questi motivi teologici agostiniani e paoliniani ispirano il magistero di papa Leone che, già all'indomani dell'elezione nell'omelia alla Messa pro Ecclesia con i cardinali, ha voluto affermare chiaramente un compito irrinunciabile per chiunque eserciti l'autorità nella Chiesa: «Sparire perché rimanga Cristo, farsi piccolo perché Lui sia conosciuto e glorificato, spendersi fino in fondo perché a nessuno manchi l'opportunità di conoscerlo e amarlo».  Come non vedere in questo un tratto decisivo della scelta di conversione di san Paolino?

Carissimi fratelli e sorelle, alla luce di queste riflessioni il vescovo desidera rivolgervi, in occasione della festa di quest'anno, un appello forte e accorato, lo esprimo mutuando le parole che San Paolo indirizza al giovane vescovo Timoteo: Nola, ricordati di Gesù Cristo (cfr. 2Tim 2, 8). Qual è il senso di quest'amorevole imperativo? “Ricordati di Gesù Cristo”, significa mettere Dio che si fa uomo per noi al centro del nostro cuore; vuol dire rendere Cristo non un'idea o un ragionamento, ma un criterio di scelta, un presupposto di ogni nostra attività. Lui è principio di unità nella Chiesa e può esserlo, per la vita e la pace del mondo, anche dentro di noi, a partire da quella unificazione interiore per cui la memoria di Lui costantemente agisce in noi. È necessario a questo scopo invocare sempre lo Spirito di Cristo, perché come egli ci ha promesso: «Il Paraclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto» (Gv 14, 26).

Scegliere Cristo, lasciarlo operare in noi, significa dunque decidersi per un'esistenza contrassegnata dalle esigenze della sequela che chiedono un modo originale e alternativo di vivere. Solo in Cristo è possibile un nuovo umanesimo fondato sul primato della persona umana e sull'amicizia fraterna tra i popoli. L'incontro con Cristo, infatti, non è solo questione di religiosità, piuttosto si tratta di convertirsi ad una nuova mentalità e ad una nuova cultura, dove ogni cosa si discerne, si capisce e si vede con il suo stesso sguardo e la sua stessa logica. Potremmo dire che se lo scegliamo veramente, è Lui che ispira ogni nostro desiderio e intuizione. Ricordiamo, infatti, a questo proposito l'amarezza del poeta pagano Ausonio, maestro di retorica di Paolino, il quale avvertì come un tradimento la conversione del suo antico e promettente scolaro e gli indirizzò una lettera molto dura, rimproverandogli tra l'altro l'abbandono della vocazione di letterato e invitandolo a ripensare alla sua scelta di totale abbandono della vita precedente. Paolino replicò in particolare nel Carme X affermando: «Perché, o padre, mi comandi di ritornare a occuparmi delle Muse, a cui ho rinunziato per sempre?», dichiarando così in un altro Carme che il motivo della sua ispirazione non erano più le divinità pagane, perché nella fede aveva scoperto il vero motivo della sua arte e lo scopo della sua poesia: «Per me l'unica arte è la fede, e Cristo la mia poesia» (Carme XX, 32). Abbiamo bisogno di ritornare a quest'insegnamento! E noi nolani ne sentiamo tutta la responsabilità. Ne ha bisogno il mondo e ne ha bisogno la nostra città.

Martedì scorso papa Leone lo ha ribadito con forza a noi vescovi italiani: «Il primo grande impegno che motiva tutti gli altri, è portare Cristo nelle “vene” dell'umanità». Come ho più volte affermato nelle mie lettere pastorali, il compito dell'evangelizzazione è racchiuso nel trasmettere in ogni epoca della storia ciò che riguarda Cristo. È questo il criterio fondamentale che deve animare ogni azione diocesana ed ecclesiale: ritrovare la via di Cristo quando le circostanze e le difficoltà ci fanno deviare. Lo ricorda ancora san Paolino scrivendo a Sulpicio Severo: «Cristo venne nel mondo per proporci la sua vita come modello e specchio di vita» (Epistola XXIV, 21).

Nola, ricordati di Gesù Cristo: è quello che voglio rivolgere anche come augurio durante i festeggiamenti della “ballata dei Gigli” che quest'anno vivremo nell'ultima domenica di giugno; non a caso nella solennità liturgica dei santi Pietro e Paolo.  Ricordiamoci che le differenze, le contrapposizioni ci sono in tutto quello che è umano. Non stupisce, pertanto, che anche una festa religiosa quando manca il motivo profondamente cristiano può diventare occasione di antagonismo e rivalità. Ce lo ricorda ancora san Paolino: «L'uomo senza Cristo è polvere ed ombra» (Carme X, 289). Anche Pietro e Paolo avevano visioni diverse su come evangelizzare, ma tali divergenze non divennero mai contrapposizioni o lotte di schieramento, perché avevano entrambi scelto Cristo come “borda” di tutta la loro esistenza e opera missionaria. Mi sia concesso questo parallelo che non vuole essere assolutamente dissacrante: lo capiamo bene noi che seguiamo e amiamo la festa. Mettiamo Cristo come asse portante, e la nostra vita non si piegherà né spezzerà neanche nei “vicoli più stretti” della nostra umanità.

Sogno proprio così la nostra amata festa, non solo come un apparato di norme e definizioni strutturali, pur necessarie; di colori di comitati e logiche di cordata, ma come una un grande esercizio di comunione: In Illo uno unum! Diversi sono i comitati, come diversi sono i carismi e le tradizioni di appartenenza, ma medesima deve essere la missione, ossia quella idealmente di portare Cristo in ogni angolo della nostra città. Questo chiede sacrificio, impegno e abnegazione, proprio come quello di tanti che si adoperano per la buona riuscita della manifestazione folkloristica. Ricordiamoci sempre che la festa dei Gigli in un certo modo è un “gioco”, da prendere sul serio, ma senza perderne l'aspetto gioioso e rilassante. D'altra parte nella Bibbia il libro dei Proverbi ci insegna che nel gioco avvengono le cose importanti; penso alla personificazione della Sapienza divina che dice di sé: «Quando [il Signore] disponeva le fondamenta della terra, io ero con lui come artefice ed ero la sua delizia ogni giorno: giocavo davanti a lui in ogni istante, giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell'uomo» (Prov 8, 30-31). Custodiamo questa dimensione ludica e gioiosa in un mondo che prendendosi eccessivamente sul serio diventa sempre più aggressivo e stizzito, intollerante e riluttante. Bisogna evitare, infatti, che le rigidità delle contrapposizioni creino un clima troppo acceso e bellicoso, diventando pericoloso per i più giovani che mai devono armarsi di violenza né in piazza né sui social. Affido quest'impegno a curare i toni moderati e gli atteggiamenti concilianti agli adulti e ai maestri di festa, affinché anche la festa sia realmente “casa della pace” (Leone XIV, Discorso alla conferenza episcopale italiana, 17.06.2025), scuola per educare le giovani generazioni all'edificazione e al rispetto della fraternità universale.

Carissimi fratelli e sorelle, con queste semplici riflessioni auguro a tutta la città e la diocesi buona festa in onore di san Paolino.

Buona festa! Evviva san Paolino!

+ Francesco Marino




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