I laici e l'ora dello Spirito

Chi è il cristiano laico? Una pista di riflessione proposta dal vicario per il laicato, don Alessandro Valentino


a cura di don Alessandro Valentino

vicario per il laicato e parroco a Boscoreale


La questione del laico cristiano è sempre oscillata tra la ricerca di un suo ‘spazio’ nella Chiesa e la sua missione di ‘animazione cristiana’ del mondo; una polarizzazione che non ha trovato ancora una soluzione concreta. Anzi, è una polarizzazione che genera tuttora molteplici tensioni. Quando il laico cristiano si impegna ad intra della Chiesa, rischia di entrare in competizione con il clero o di esserne un esecutore. Quando, poi, il laico cristiano si impegna ad extra nel mondo, rischia di dissolvere la differenza cristiana in una semplice ‘presenza’: basta che egli sia modello di vita nel silenzio della sua operosa passione per migliorare il mondo.

Così, la vita cristiana del laico si disgrega tra la furia del ribelle (competizione) e la placida quiescenza dell’insignificanza (esecutore o solo presenza).

Nel mondo di oggi, in cui la Chiesa fa grande fatica a trovare parole serie che sappiano tradurre in linguaggio semplice il Vangelo di sempre, non meraviglia che il laico cristiano faccia fatica a realizzare pienamente la sua vocazione. Se la fede è risucchiata dall’individualismo imperante di una cultura basata prevalentemente sulla tirannia delle apparenze, non stupisce che il laico cristiano sia tentato dallo spirito del ‘piacere e colpire’, proprio di una cultura che confonde la seduzione (condurre a sé) con la bellezza (contemplare l’altro da sé). Se poi il laico cristiano è apprezzato dal mondo solo per le attività sociali che può e svolge meravigliosamente, egli subisce la tentazione di appiattire la propria missione su un ‘fare’ che assume solo i connotati del ‘sociale’. In questo modo, è apprezzato dal mondo a patto che riduca quasi a zero la sua matrice evangelica.

In tali circostanze, una domanda sorge in modo immediato: qual è la differenza dell’agire credente rispetto alla promozione sociale che gli altri apprezzano e che anche i non cristiani possono fare?

Al di là dei rischi e delle tentazioni in cui oggi può cadere il laico cristiano, subito dopo il Concilio Vaticano II si parlava molto di ‘accelerare l’ora dei laici’. E prima ancora dello stesso Concilio, il teologo domenicano Congar parlava dei laici come ‘alba della primavera che verrà’ nella Chiesa.

In che modo si può spingere di più sull’acceleratore del tempo perché si avvertano più forti i bagliori di questa alba?

Partecipando a un convegno sul laicato organizzato dall’Azione Cattolica nel lontano 1969, l’allora gesuita Carlo Maria Martini fu chiamato a rispondere alla domanda: «Cosa vuol dire essere cristiani?». Nella sua capacità di entrare subito nelle questioni, egli formulò la domanda in modo diverso: «Che cosa significa testimoniare Cristo nel mondo di oggi?». Subito dopo la conclusione del Concilio Vaticano II e con lucidità profetica, egli definì il laico come testimone. Il laico è il ‘cristiano testimone’. I cristiani laici sono coloro che accettano la sfida di essere «Pronti sempre a rendere ragione della speranza che è in voi» (1Pt 3,15). In questo modo, il laico cristiano non è colui che esprime una semplice ‘presenza’, non è colui che si identifica in un banale ruolo di ‘esecutore’, non è colui che si spende solo in una ‘animazione’ del mondo a partire dalle realtà sociali, e nemmeno è colui che cade nella trappola di una fede vissuta nel privato perché solo la scienza, con le sue tecniche, si può occupare della trasformazione del mondo. Il laico cristiano è colui che attesta (testimonia) la prossimità di Dio nel mondo. Egli si lascia afferrare dal soffio dello Spirito, testimoniando Gesù Cristo a trecentosessanta gradi. È lo Spirito di Dio che rende testimoni, attraverso la sua capacità creativa di fare nuove tutte le cose.

Biblicamente parlando, il verbo ‘testimoniare’ è applicato in contesti giuridici, in cui indica l’agire di un testimone che parla pro o contro, in difesa o in accusa di qualcuno. Il laico cristiano che è testimone prende una posizione netta a favore di Cristo. Essere testimoni, allora, è l’unico modo per essere cristiani sul serio. Chi è il laico nella Chiesa? È un cristiano serio che sa parlare di Cristo affidandosi al dono dello Spirito di Dio. Il laico cristiano sa parlare ‘francamente’, così come è qualificato il parlare dei cristiani in tutti gli Atti degli Apostoli. Egli sa dal Signore Gesù che la verità della fede è inconciliabile con qualsiasi potere storico: «Io per questo sono venuto: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce» (Gv 18,37). La testimonianza del laico cristiano non va identificata con la sola ‘coerenza di vita’. Sappiamo benissimo che tutti i testimoni di Cristo non partono da una propria coerenza di vita per dare testimonianza, tutti sono stati peccatori e tutti noi lo siamo ugualmente: non c’è un santo senza passato, né un peccatore senza futuro. Fondare la testimonianza sulla propria coerenza è sedurre e non condurre a Gesù. E la Chiesa dà testimonianza proprio a partire da una misericordia sperimentata e annunciata. Infatti, la categoria di credibilità non si applica principalmente al cristiano, ma a Cristo: l’unico davvero credibile. Non stiamo affermando che la coerenza non appartiene alla vita cristiana, stiamo solo suggerendo che la coerenza non può essere la principale e unica prospettiva per definire la testimonianza cristiana.

Rifacendoci ancora a Carlo Maria Martini, il laico cristiano non si lascia definire dall’ambiente in cui viene a trovarsi. Se così fosse, rischierebbe di rendersi amico di Gesù nella prosperità, e subito diventarne nemico nell'avversità. Invece, quando si afferma che il laico cristiano è principalmente testimone, si dice che egli si lascia definire dal rapporto che ha con Cristo, in tal modo da vivere con coraggio la propria fede (Cfr. Carlo Maria Martini, Cristiani coraggiosi, Milano 2016). Solo nel soffio dello Spirito, lasciandosi definire da Cristo e diventandone suo testimone, si aprono quegli orizzonti in cui il laico cristiano davvero è ‘alba della primavera che verrà’ nella Chiesa. Così egli andrà incontro a Dio vivendo quell’unità e quell’integrità interiore, che gli permetterà di evitare la deriva della frammentazione della vita. Vale qui quello che dice H. Urs von Balthasar: «Noi oggi ripieghiamo sull’uno. Non per rassegnazione, ma per riguadagnare l’origine. Siamo arenati sulle spiagge del razionalismo, ritorniamo a tastoni alla roccia scoscesa del mysterium» (Con occhi semplici. Verso una nuova coscienza cristiana, Brescia 1970, 9). Ancora, egli andrà incontro all’altro cercando di condividere la propria fede nelle relazioni quotidiane, per evitare la deriva della privatizzazione della fede e il silenzio sulle questioni serie dell’uomo contemporaneo. Infine, egli andrà incontro al noi della Chiesa e del mondo, per esprimere il desiderio di una comunione che guarisce dalla deriva dell’individualismo mondano e, a volte, anche ecclesiale. L’ora dello Spirito è l’ora della testimonianza, è l’ora del cristiano laico.






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