Prossimi in modo nuovo ma con la stessa intensità

Il viaggio di inDialogo tra le parrocchie fa tappa a Cicciano, per raccontare la comunità interparrocchiale San Pietro e Immacolata e il suo impegno per il territorio in questo tempo di distanze obbligate



Nell’affrontare le difficoltà dell’emergenza sanitaria, la comunità di San Pietro Apostolo ed Immacolata Concezione di Cicciano ha potuto riscoprire la bellezza di essere famiglia nella condivisione e nella solidarietà. Il parroco don Mariano Amato ci racconta, telefonicamente, come ha vissuto i primi momenti dopo il lockdown: «Questa pandemia ci ha trovati tutti ovviamente impreparati, ma la difficoltà maggiore è stata cercare modalità nuove di comunicazione e di prossimità alle persone. Dopo un primo momento di smarrimento, ci siamo attivati subito, con l’aiuto dell’amministrazione e della protezione civile, per stare accanto alle famiglie in difficoltà ed andare incontro ai bisogni di tutti».

La vita pastorale è cambiata progressivamente nel corso delle settimane, conformandosi alle esigenze della comunità: «Inizialmente, avevo deciso di non pubblicare video o dirette di celebrazioni, per evitare di moltiplicare gli interventi online. Sentivo, però, l’esigenza di far sentire la mia vicinanza a tutta la comunità. Ho iniziato, quindi, ad inviare, attraverso canali privati, dei video di riflessione, di preghiera e di saluto, a tutta la comunità. Mi sono accorto così che vedere gli ambienti parrocchiali, il volto del parroco e degli amici, aiutava la gente e la sosteneva. Per questa ragione, ho iniziato ad inviare video quotidianamente, ad organizzare incontri coi gruppi sulle piattaforme digitali, a pubblicare sulla pagina fb della parrocchia le dirette delle celebrazioni o del Santo Rosario. Abbiamo cercato di ricreare, anche a distanza, la dimensione intima e familiare della comunità».

Anche la fase 2 è segnata dalla stessa attenzione: «Ho voluto riprendere la celebrazione con il popolo attraverso il settenario dello Spirito Santo: ho inviato ogni sera un gruppo parrocchiale per celebrare insieme l’eucaristia. È stato un modo per ripartire come famiglia e riscoprire la diversità dei carismi. Anche salutarci a distanza ci ha dato un po’ di coraggio. Molte persone sono ancora spaventate, ed è comprensibile. Anche per questo motivo ho deciso di continuare con le dirette sulla pagina Facebook così che tutta la comunità, sia in presenza che online, possa partecipare.    
I social ci hanno aiutato molto: abbiamo sperimentato nuovi modi per venirci incontro, ma non dobbiamo dimenticare mai dimenticare la concretezza della nostra fede, che passa attraverso la relazione diretta, dal vivo». 

I gruppi parrocchiali stanno immaginando nuove strade per il futuro prossimo, tra questi gli scout: «Abbiamo pensato che il nostro primo momento di incontro dopo il lockdown non dovesse essere un’attività, ma la celebrazione eucaristica: abbiamo invitato i ragazzi, i bambini e i loro genitori a Messa ed è stato importante per noi anche solo salutarci da lontano ed incrociare i nostri sguardi. Ci è mancato tanto!» ci racconta Laura Napolitano, uno dei capi del gruppo scout.  Attenzione e cura saranno rivolte soprattutto ai più piccoli: «Già durante la fase 1, i bambini hanno sofferto più di tutti l’assenza delle attività e la mancanza di amici ed educatori. Stiamo pensando soprattutto a loro, in questa fase di ripartenza, perché per i bambini il contatto fisico è fondamentale. Riprenderemo con qualche attività, dividendoci in piccoli gruppi ma il nostro obiettivo principale è educare i ragazzi ad affrontare questa situazione con responsabilità e a fare del loro meglio. Anche se siamo entrati nella fase 2, l’emergenza non è finita e non lo sarà per i prossimi mesi. Ci stiamo impegnando a far capire loro come vivere questo nuovo mondo». 

Suor Veronica Cristiana Ghirardelli, ci racconta che la Caritas, durante il lockdown, ha continuato il suo servizio, nonostante alcune difficoltà: «Avendo dovuto chiudere i due centri di ascolto sul territorio, abbiamo attivato subito un numero di telefono apposito e le prime telefonate ricevute erano di famiglie che già conoscevamo. Ma dopo appena due settimane ci siamo ritrovati con un’enorme richiesta. Durante la fase 1, abbiamo sostenuto circa 250 famiglie, rispetto alle 30 abituali. Tra l’altro, nei giorni successivi alla chiusura ci siamo trovati senza scorte, poiché avevamo organizzato il banco alimentare proprio la settimana prima. Insieme al parroco, quindi, abbiamo pensato di organizzare la spesa solidale, con l’aiuto delle associazioni e degli esercenti aperti a Cicciano. Un’altra difficoltà è stata la distribuzione dei beni di prima necessità: la maggior parte dei nostri volontari sono anziani ed essendo loro maggiormente a rischio contagio, dovevano restare a casa. Tanti giovani si sono offerti di aiutarci nell’organizzazione e nella consegna». Cosa è cambiato con la fase 2? «Con la ripartenza, abbiamo visto calare le richieste di beni di prima necessità, ma è diventato importante un supporto informativo: quando il governo ha cominciato ad emanare gli ultimi decreti, le persone non sapevano o erano incerte su cosa fare o a quali sussidi poteva avere diritto. Al futuro si guarda con speranza: «Per una causa di forza maggiore, siamo venuti a contatto con tantissime persone e famiglie, ed abbiamo risposto alle loro difficoltà immediate. Durante questi mesi, però, attraverso le telefonate, siamo arrivati a toccare altri tipi di bisogni ed ora, nella fase 2, sentiamo la responsabilità di curare le relazioni instaurate. È un vero e proprio tesoro che ci dà anche la possibilità di ripensare la nostra azione sul territorio, le modalità di comunicazione, il nostro essere Chiesa in uscita».





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