Dietro lo schermo, per non arrossire

L'ultimo contributo di don Domenico Iovino per il giornale diocesano inDialogo, in edicola con Avvenire ogni quarta domenica del mese

 

In occasione del Sinodo dei giovani che si sta celebrando (quando l'autore scriveva, ndr) sembra giusto dedicare uno spazio di riflessione al rapporto che esiste oggi tra i giovani e il web. Il libero e ricco mondo di internet ha rapito un po’ tutti. Basta «sollevare» per un attimo lo sguardo per renderci conto di quanto vi siamo immersi. Sempre connessi fino a raggiungere talvolta delle derive che ci fanno perdere il contatto con la realtà e approdare a delle vere e proprie dipendenze. Il nostro telefono che suona è diventato un richiamo irresistibile, ed è quasi un reato penale visualizzare un messaggio WhatsApp e non rispondere.

I tempi umani e le pratiche comunicative sono ridefiniti dall’elettronica.

Il professor Francesco Tonioni, docente dell’Università Cattolica di Roma e autore del libro «Cyberbullismo», è responsabile del primo ambulatorio che si occupa di dipendenza da internet e social network al policlinico Gemelli. Tonioni, in un’intervista a «Il Giornale.it» del 2015, dichiara che partendo dall’analisi clinica dei suoi pazienti ha notato che ci sono quadri diagnostici completamente diversi tra giovani ed adulti: «La separazione è netta tra i nativi digitali e gli adulti. In questi ultimi sono chiari i segnali della dipendenza patologica […] Nei giovani e negli adolescenti le cose cambiano. L’uso disfunzionale di internet si configura come un nuovo modo di pensare e comunicare». Le conseguenze non sono tanto il numero di ore passate davanti al computer, ma un preoccupante ritiro sociale che spesso porta alla decisione di abbandonare la scuola: «Nelle nuove generazioni si avverte chiaramente un diverso modo di vivere, o non vivere, le emozioni». Parlando di cyberbullismo l’analisi di Tonioni diventa piuttosto allarmante: il cyberbullismo aggrava le conseguenze del bullismo perché le relazioni virtuali sono molto diverse da quelle reali. Su Skype, per esempio, tutta la comunicazione non verbale che si esprime col corpo è filtrata, «si annulla l’emozione che, nelle relazioni reali, passa sempre attraverso il corpo mandando un segnale (che sia il rossore del volto, una smorfia). Nell’online manca la relazione completa che invece si realizza nell’offline quando c’è il contatto fisico tra le persone».

Sul web gli istinti sono più esacerbati, l’aggressività aumenta.

«Questo perché - spiega Tonioni - gli adolescenti danno un enorme valore alla visibilità e all’esperienza della vergogna». Il cyberbullismo riguarda i giovani e per far in modo che si realizzi la persecuzione sul web, il bullo ha bisogno di spettatori. «I ragazzi che arrivano da noi – continua Tonioni – sono quelli che hanno la fortuna di avere dei genitori che li ascoltano». Spesso accade che i figli si vergognino prima di tutto dei genitori. «La maggior parte dei nostri pazienti hanno manifesti problemi affettivi in famiglia: genitori separati, estrema rigidità[...]». Il tentativo di un adolescente che sta tante ore davanti al pc è sempre quello di stare meglio, non certo peggio. E le responsabilità sono prima di tutto dell’ambiente che hanno intorno. «Una cosa che più mi ha colpito dei primi colloqui con questi ragazzi – conclude Tonioni – è che non ti guardano negli occhi. Hanno bisogno di uno schermo che non li faccia arrossire».

 

 




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