Lion, in cammino verso casa

Un film che dà singolari spunti di riflessione per la Settimana che ci porta alla Pasqua

Storia. Ciascuno di noi ha sempre una storia da vivere e raccontare che è sempre unica,personale e avvolta da zone d'ombra e vicoli ciechi, incastrata con infiniti pezzi di vita dimenticati e rimossi ma anche da inserire e cacciare dalla scatola. Quella scatola di mille pezzi piccolissimi di un puzzle che da bambini ci spaventava sempre. Tempo. Lo scorrere del tempo che ci fa crescere e diventare adulti costituisce il risultato di ciò che siamo e che diventeremo. Uno scorrere del tempo che ci costringe spesso a cambiare e voltare pagina. Un tempo che è riempito di rumorosi silenzi e allo stesso tempo dalla voglia dell'ora Legale che fa allungare le giornate e accorciare la notte che incombe nei nostri cuori e pensieri. Strada.  Esistono percorsi e strade che hanno e mantengono le nostre precise impronte. Esistono storie, tempo e strade, come quelle di Saroo Brierley, che toccano con delicatezza il cuore e tutto ciò in cui crediamo, portandoci a pensare che da un momento all'altro ci si può ritrovare ad essere orfani non solo della famiglia ma soprattutto di ricordi dolorosi e di angosce che ci gettano nel silenzio della nostra esistenza. Questi, per quanto messi a tacere nel nostro quotidiano potranno emergere inaspettatamente, facendo cambiare direzione al percorso della nostra vita: morte e rinascita.

Storia, tempo, strada. Tutto ciò viene messo in gioco nella Settimana Santa. Tutto ciò mi fa venire in mente un film: Lion, la strada verso casa racconta la storia vera di Saroo Brierley che è interpretato da Dev Patel (8 film per altrettanti candidature agli oscar). India centrale, fine anni ottanta. A quattro anni, Saroo, secondogenito di una famiglia molto povera, chiede di seguire suo fratello maggiore al lavoro. In una stazione non distante dal loro villaggio natale, Saroo viene lasciato per qualche ora a dormire su una panchina ma al risveglio non trova alcuno attorno a sé. Alla ricerca del fratello, il bambino sale erroneamente su un treno deserto che non fa sosta e che lo conduce a Calcutta, città lontana 1600 km. Sperduto Saroo sopravvive per strada, sicché non resta che la strada dell'orfanotrofio. Giunge un giorno un'assistente sociale che si è interessata al suo caso e ha trovato una coppia di australiani disposti ad adottarlo. Così nel 1987 Saroo parte alla volta di Hobart, in Tasmania, dove cresce e diventa un uomo adulto. A 25 anni Saroo è uno studente universitario a Melbourne, con numerosi amici ed affetti, ma non ha dimenticato le sue radici e la sua famiglia, per la quale prova un senso di colpa a causa della sua sparizione. Lion nella prima ora di pellicola è soprattutto un racconto avventuroso. Ci porta nella miseria degli slum dell’India, tra pericoli, povertà, degrado, e raccontando allo stesso tempo sia la difficoltà di crescere in simili condizioni sia il sentimento di sicurezza e il conforto che deriva pur nella povertà assoluta dall'avere una famiglia comunque unita e capace di cura. Racconta anche la storia dei genitori adottivi che decidono di non avere figli propri per rispondere a una vocazione solidaristica, altruistica, caritatevole.

Un film questo che sarebbe interessante vedere proprio nella settimana che ci avvicina alla Pasqua: il viaggio di Saroo è infatti un viaggio alla ricerca del suo poter essere pienamente uomo, ritrovando quell’origine che, inevitabilmente e spesso inconsciamente, segna l’orizzonte di ognuno. Vivere la Pasqua è rinascere, è rammentare la possibilità della rinascita in Cristo che ci viene dal battesimo. Anche Saroo è alla ricerca della sua "primavera" che vive solo attraverso dei flash-back. Diventato adulto Saroo riesce con l’aiuto di Google Earth e di una tenacia simile per molti versi all’ossessione personale a ritrovare la sua famiglia d'origine in India. Questo stato interiore nasce probabilmente dal desiderio di ritrovare la strada perduta. Gli occhi della narrazione sono limpidi, sinceri e senza sovrastrutture che avrebbero rischiato di appesantire il tutto e sfociare nel classico sentimentalismo catartico. Semplicità, come quella di chi si inginocchia in una silenziosa veglia davanti al tabernacolo, che ci accompagna nel nostro personale "viaggio" di passione e sofferenza, ma anche con la speranza di una salvezza e rinascita. Lion ci insegna a ricordare che nella vita di ciascuno di noi ci sono ricordi diversi e che, in quelli di alcuni bambini come Saroo, può esserci uno spazio interrotto che cerca la sua metà spezzata dal tempo e dalla vita. Il regista australiano Garth Davis prende in mano questa storia realmente accaduta e la trasforma in un film, o meglio la trasforma nel film di ciascuno di noi, descrivendo questo momento delicato e triste puntando tutto sul forte impatto delle immagini e sui grandi occhi penetranti e vivi di Saroo che, nel suo silenzio, osserva la sua vita sospesa ed incerta. Ma non si arrende, ma non si ferma nella ricerca. Ricordandoci che è sempre il tempo per “tornare a casa”, è sempre il tempo per risorgere a nuova vita.

 

 




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