Genitori: riscoprirsi nuovamente catechisti

Il forzato 'stare a casa' ha portato mamme e papà a riscoprirsi fondamentali nell'educazione dei figli alla vita cristiana. La riflessione di don Filippo Centrella, direttore dell'Ufficio Catechistico

a cura di don Filippo Centrella

direttore dell'Ufficio Catechistico


«Insostituibile è la partecipazione attiva dei genitori nella preparazione dei figli ai sacramenti della iniziazione cristiana. In tal modo, non solo i figli vengono adeguatamente introdotti nella vita ecclesiale, ma tutta la famiglia vi partecipa e cresce: i genitori stessi, annunciando ascoltano, insegnando imparano» (Documento Base, 152).

Con queste parole, il documento sul rinnovamento della Catechesi, accogliendo le istanze dell’assise conciliare, rilanciava l’importanza del coinvolgimento responsabile dei genitori nell’educazione alla fede dei propri figli. La famiglia diventa così quel “grembo” in cui, fin da piccoli, i figli possono imparare l’arte della vita cristiana, attraverso una graduale, ma progressiva iniziazione all’ascolto della Buona Notizia (la Parola), all’esperienza spirituale (liturgia) e, come concretizzazione di quest’ultima, la custodia dell’altro (carità).

È interessante notare come i Vescovi avvertirono tutta l’urgenza di porre nuovamente l’attenzione sulla comunità familiare come realtà preziosa e necessaria per la formazione di nuovi cristiani. Infatti, se fino ai primi decenni del ‘900, nell'infanzia, e soprattutto nella fanciullezza, la formazione cristiana veniva assicurata dalla famiglia, venendo solo integrata, successivamente, dall'istruzione religiosa impartita nella scuola o in parrocchia, con l’avvento della società post-moderna, la formazione cristiana delle nuove generazioni è stata affidata unicamente ad altre agenzie ritenute più idonee ed efficienti.

La situazione attuale appare complessa. Nella stragrande maggioranza dei casi, appare evidente il distacco tra le famiglie e la parrocchia. Entrambi le realtà, in molti casi, presentano di sé un’immagine poco “familiare”. Da una parte, la famiglia, per la prima volta nella storia, si è vista costretta a difendere la propria identità di fronte alle numerose forme di vita comune che tentano di minarne i fondamenti. Dall’altra, anche la parrocchia rischia di perdere sempre più lo “smalto” di una comunità dove “si sta bene, come in famiglia”, perché appesantita dalla burocratizzazione o imbruttita dal grigiore del funzionalismo. In ordine alla formazione cristiana, non si registrano particolari cambiamenti: se, nei documenti ecclesiali, la prima agenzia educativa della fede resta la famiglia, di fatto si è verificata una inesorabile sostituzione con la parrocchia che ha provveduto a pensare itinerari formativi (in realtà di sacramentalizzazione) che solo in rari casi permettono di raggiungere l’obbiettivo principale: educare alla vita cristiana.

Nelle ultime settimane si è affacciata forzatamente all’orizzonte una situazione inedita che, addirittura, potrebbe essere guardata con simpatia. Il Covid-19, costringendo tutti a “restare a casa”, ha presentato ai genitori l’irripetibile occasione di riscoprirsi nuovamente educatori dei propri figli in tutti i sensi. Hanno fatto quasi emozionare le immagini corse sui social di mamme “in versione cuoche” che, con le proprie bambine al fianco, hanno riscoperto il gusto della cucina o dei papà, sempre via per motivi di lavoro, che hanno potuto riassaporare il gusto di giocare o studiare o disegnare con i propri figli. I fanciulli, dal canto loro, hanno potuto “scoprire” la bellezza dello stare finalmente insieme in famiglia: insieme a pranzo e a cena, insieme a vedere un film sul divano, insieme a svolgere quelle attività che ordinariamente vengono svolti separatamente. Tra queste, è emersa prepotentemente quella “catechistica”. I genitori, salutati dai documenti magisteriali come i “primi educatori” alla fede, si sono dovuti riscoprire, paradossalmente, non solo “genitori” appunto, ma anche catechisti. Ecco, allora, una sfida straordinaria che questo tempo (e quello che verrà) lancia alla comunità ecclesiale. Quanto si è sperato per decenni, si è di fatto realizzato concretamente davanti ai nostri occhi: il ritorno alla “chiesa domestica” come formatrice di nuovi cristiani.

Qual è stato, tuttavia, il grosso problema che pure è necessario evidenziare, pur in una situazione molto favorevole? Il fatto che i genitori si sono ritrovati “catechisti” inesperti ed incompetenti. Questo è, forse, il dazio che le comunità parrocchiali stanno pagando loro malgrado: non aver mai provato a fornire i genitori di quei “mezzi” o di quell’esperienza necessari per poter sostituire, in casa, i catechisti “di ruolo”. Forse si è pensato troppo a “catechizzare” i genitori (servizio certamente approvabile), ma non si è ragionato abbastanza su come rendere loro quelle competenze utili a fare il catechista “di casa” e a casa. Anche questa potrebbe essere una questione interessante su cui aprire varchi di riflessione in ambito teologico-pastorale.

Tuttavia, in questa situazione nuova che ha colto tutti (famiglie e parrocchie) impreparati, non è mancato l’appoggio di quelle figure (sacerdoti, catechisti, educatori, animatori…) che hanno provato a sostenere le famiglie attraverso le piattaforme virtuali, provando così a continuare, seppur a distanza, gli itinerari educativi ordinari.

Cosa ci porteremo dietro di questo tempo? Forse la possibilità di poter continuare ad avere, anche domani, l’appoggio dei genitori nella sfida educativa alla vita cristiana dei nostri bambini, perché il “gusto” di evangelizzare non finisce mai; anzi, insieme (famiglie e parrocchie) aumenta.





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