Fare impresa per un mondo più giusto

Una riflessione sulla Scuola di Formazione imprenditoriale conclusasi sabato scorso


a cura di Raffaele Romanini

iscritto alla Scuola di Formazione Imprenditoriale

La Chiesa diocesana, attraverso l'impegno della Pastorale Sociale, ha voluto mettere a disposizione del nostro territorio, un Corso di Formazione Imprenditoriale, rivolto a quanti, già impegnati nel campo imprenditoriale o con idee imprenditoriali, volessero acquisire un bagaglio di conoscenze utili per muoversi nel complicato oggi.  Non si è tratta solo di un cammino fatto per acquisire competenze tecniche però: si è cercato di inserire queste in un orizzonte ecclesiale.

Avendo come bussola la Dottrina Sociale della Chiesa, al centro dell'incontro di apertura di Febbraio. Si è messo in evidenza che il Vangelo è stato scritto per tutti, non solo per gli uomini di fede, ma per ogni uomo di ogni luogo e di ogni tempo. La Parola di Dio, infatti, svela oltre che che Dio all’uomo, svela anche pienamente l’uomo all’uomo. Il Vangelo dà risposte a domande che tutti nella nostra vita ci poniamo: Perché la vita? Perché la morte? Perché la sofferenza? Perché il male? Perché l’odio? Perché le guerre? La Storia ha un senso e qual è? Dopo la morte che c’è? Qual è il vero essere dell’uomo e  della società?.  Il Vangelo è la risposta a tutti questi interrogativi, nonostante i limiti, le debolezze e gli errori dei tanti uomini che lo annunciano. E allora quale è la missione della Chiesa?  La Chiesa, è vero, non tratta argomenti di ordine politico, economico e sociale, tuttavia il Regno di Dio si realizza nella storia dell’umanità intera, nella quale appunto la Chiesa si ritrova. Il Vangelo guida l'uomo verso il raggiungimento della sua libertà. Oggi chi inquina, chi non fa la raccolta differenziata dei rifiuti, chi opera nella camorra, chi fa l’usuraio pecca contro la libertà dell’uomo e tutto questo è strutturato nel nostro sistema sociale.  La povertà, la disoccupazione e altre piaghe sociali sono artatamente volute, ed è qui che la Chiesa interviene col suo contributo. Infatti è diritto-dovere della Chiesa intervenire sulla società così costituita, cioè dialogare con la coscienza degli uomini perchè sia retta e onesta.  Quindi il problema rimane nel come annunciare il Vangelo, ovvero far coesistere Vangelo e cultura, perché se il Vangelo non si traduce nei valori, nei costumi, nei linguaggi, nei simboli della cultura dei popoli, corre un grave rischio cioè di rimanere morto e incomprensibile per l’umanità. Ecco perché la Fede non si impone, ma si propone, per questo il Vangelo va inculturato, cioè i cattolici devono vivere la cultura in cui si muovono, anche se le culture come sappiamo variano.

Ecco perché la Chiesa non può fare a meno di intervenire nelle questioni sociali, anche se il discorso sociale rimane sempre aperto. La Chiesa può solo offrire non imporre il suo insegnamento sociale, ricordando quelli che sono i pilastri di una giusta società: centralità assoluta della persona; solidarietà; sussidiarietà; bene comune.

In questa ottica possiamo concludere che lo scopo di una attività imprenditoriale non debba essere solo quello del profitto. Una impresa per nascere deve fare un attento studio del territorio su cui agirà, altrimenti si corre il rischio di restare fuori dai bisogni del territorio stesso. Quindi tenere in debito gli indicatori sociali ed economici che caratterizzano il territorio. Dobbiamo avere il coraggio di non aver paura, cioè di sapere osare, di sapere guardare oltre la precarietà che ci offre il lavoro in questo momento, reso ancora più drammatico dalla emergenza sanitaria del covid 19.  Oggi il lavoro non garantisce più contro la povertà ed è spesso causa di mortificazioni, gerarchie, competizioni, pressioni psicologiche etc. La responsabilità è certamente di politiche sbagliate nel merito, per questo bisogna ripartire dalle radici e fare corsi di formazione opportuni, come quello organizzato dalla nostra diocesi, per ridare nuove motivazioni e soprattutto rieducare al primato del Bene Comune e alla partecipazione consapevole e responsabile di ognuno. Solo così potremo avere una nuova cultura del lavoro e uno sviluppo dell’imprenditoria giovanile e sociale che darà vita, e di questo siamo fiduciosi, ad una società più giusta che potrà riprendersi e crescere sia umanamente che economicamente.  





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