La fede del presbitero Felice fonte di speranza

Anche Cimitile ha vissuto la festa del santo presbitero Felice: una festa un po' malinconica ma non meno gioiosa

 

a cura di Giuseppe Trinchese

 

«Sorgi, dunque, finalmente per me, o giorno ardentemente desiderato per tutto l’arco dell’anno. Tu rinnovi la dolce festa e i miei voti; tu mi chiedi i doni rituali riportando il giorno natalizio, del quale godono a migliaia innumerevoli popoli», con queste parole del carme XVI natalizio V, nel 399 Paolino esprimeva il desidero e la gioia nel cuore dei fedeli che attendevano il giorno della nascita al cielo del presbitero Felice. Oggi, a distanza di più di 1620 anni, che hanno visto fiumi di credenti recarsi sulla tomba di Felice, in un’era completamente cambiata, messa in crisi da una pandemia mondiale, sono ancora senza numero i devoti che si inginocchiano davanti alle spoglie di Felice, che da lui, rivolgendo suppliche, ricevono grazie senza fine: anche nel gennaio di questo 2021, per molti grazie all’aiuto della televisione e dei social, gli occhi sono stati costantemente rivolti verso la sua figura che per secoli ha visto lacrime di gioia e di disperazione scorrere nella vita di tutti e ciascuno dei suoi fedeli.

Quest’anno, l’impossibilità di vivere alcuni appuntamenti tanto cari, come l’inno cantato dai bambini e la processione, ha reso tutto un po' malinconico, ma la vera tristezza è stata riposta nel ricordo di quanti hanno perso la propria vita: per tutti loro la comunità ha pregato. La contingenza che nel canto dell’inno ha visto sostituire i bambini con due soprani accompagnati da una piccola orchestra durante la celebrazione vespertina del 13, presieduta dal vicario generale, monsignor Pasquale Capasso, è sembrata l’interruzione di una consolidata tradizione. In realtà, prima degli anni sessanta, i bambini eseguivano l’inno solo durante la processione, mentre, il 13 sera, in chiesa, si poteva prendere parte ad un concerto, popolarmente definito come o’ zuchitizù. Nello spazio prospiciente la cappella di san Felice, veniva costruito un palco alto poco più di un metro, sul quale si disponeva l’orchestra con professionisti provenienti anche dal san Carlo di Napoli. Tutto questo è ancora possibile ascoltarlo dalla memoria degli anziani che, senza dubbio, ricordano ‘o zuchiticù. Le ristrettezze economiche condussero, poi, a sostituire il concerto con il canto dei bambini, un’ottima intuizione che vede, ancora oggi, tanti cuori convertirsi grazie alla preghiera elevata dalle anime più pure della comunità cimitilese: i bambini.

Per questo è stato impossibile, soprattutto la sera della vigilia, non rivolgere un pensiero a loro, ai bambini che avrebbero dovuto cantare l’inno, alcuni per la prima volta, ed altri per i quali sarebbe stata l’ultima occasione. Così come il pensiero è andato ai tanti ammalati ed anziani, impossibilitate a recarsi in chiesa, che avrebbero avuto nella processione l’unica occasione per alzare gli occhi dal loro letto di sofferenza per incrociare gli occhi del Santo. Anche per loro il comitato festa alla scelta di trasmettere in diretta le celebrazioni, non solo della solennità, ma dell’intero novenario presieduto da don Gennaro Romano, rettore del seminario vescovile di Nola. Il Papa, per la giornata mondiale del malato 2021, ha detto «una società è tanto più umana quanto più sa prendersi cura dei suoi membri fragili e sofferenti». Non sarebbe stata vera festa, se non si fosse data la possibilità, soprattutto ai più fragili e sofferenti, di partecipare. Ancor prima, la sensibilità verso la situazione di crisi, aveva condotto il comitato, presieduto dal parroco don Cosimo Damiano Esposito, a distribuire i calendari senza la consueta raccolta di contributi, così da non gravare sulle famiglie già fortemente colpite, ciò è avvenuto anche grazie alla generosità della tipografia che ha stampato tutto gratuitamente.

Nel giorno della solennità, anche il vescovo di Nola, Francesco Marino, sull’orme di Paolino, è venuto a rendere omaggio al presbitero Felice, presiedendo la solenne celebrazione mattutina. Il nostro Pastore, durante l’omelia ci ha ricordato che «la nostra vita biologica passa, nessuno fugge a questa legge dell’esistenza biologica, dell’esistenza umana, ma cosa resta? Cosa è importante? C’è una realtà che resta, a quella realtà attiene la Fede, a quella realtà attiene il Battesimo che riceviamo, a quella realtà attiene l’Eucarestia che stiamo celebrando, di cui ci nutriamo. È la vita in Dio, è la vita eterna, è la vita che solo Gesù Cristo può dare, è la salvezza per cui lui è il Salvatore, il Salvatore universale, il Salvatore di tutti. Questo non significa proiettare tutto nel futuro, in ciò che dovrà venire, ma la Fede ci aiuta soprattutto nel presente, dà un senso, dà uno spessore, dà una forza, dà una prospettiva, dà una luce vera a quello che noi oggi viviamo. Ci aiuti la testimonianza di Felice a ritornare all’idea che ciascuno di noi si salva solo aiutando gli altri, soccorrendo gli altri, lasciando che venga fuori, in questa nostra condizione, quel bene comune di cui tanto parliamo. Ecco, questa è la Fede».

È innegabile, in quest’anno tanto particolare, sono mancati a tutti i momenti di comunità, di festa e di memoria collettiva, come la processione e l’inno cantato dei bambini, ma pensando a quanti secoli ha visto la tomba del presbitero Felice, a quante trasformazioni ha avuto la società ed il territorio, allora abbiamo la certezza che, attraverso la fede, anche questo momento finirà, torneremo a gioire insieme e torneremo a vivere i tanti segni che nel tempo si sono perpetuati. Anzi, sicuramente saremo, e forse lo siamo già, ancora più vicini alla vita di Felice, con le prove e le vicende che lui ha affrontato; ancora più vicini al cuore di Dio, grazie alle tante domande che in questo periodo ci siamo posti, sulla precarietà della vita e sull’universalità della famiglia umana.

 




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