Nella prossimità, può fiorire la verità

L'intervista al vicario giudiziale, monsignor Erasmo Napolitano, comparsa su inDialogo dello scorso 28 marzo, in apertura dello speciale dedicato al Tribunale ecclesiastico diocesano

 

Questa l'intervista al vicario giudiziale, monsignor Erasmo Napolitano, comparsa su inDialogo dello scorso 28 marzo, in apertura dello speciale dedicato al Tribunale ecclesiastico diocesano che dal 19 marzo  ha iniziato ad esercitare la potestà di trattare e definire in primo grado di giudizio i processi per la nullità del matrimonio.

Monsignor Napolitano, qual è il significato di questa novità?

Con la Lettera Apostolica Mitis Iudex Dominus Iesus (8 dicembre del 2015) il Santo Padre ha attuato la riforma del processo matrimoniale canonico: eliminando l’obbligo della doppia sentenza conforme, secondo cui il matrimonio veniva dichiarato nullo solo se la sentenza era affermativa sia in primo grado che in appello; introducendo il processo ‘più breve’ e dando ai vescovi, appunto, la facoltà di conferire ai propri Tribunali diocesani la potestà di trattare e definire i processi di nullità del
matrimonio. Al nostro Tribunale diocesano, il vescovo Marino ha conferito proprio questa potestà. Ma, facciamo attenzione, parliamo di dichiarazione di nullità e non annullamento: la Chiesa dichiara che un matrimonio non è valido, constata e dichiara che il consenso espresso da uno dei due nubendi, o da entrambi, per motivi fondati e provati previsti dalla normativa canonica, non è valido. Si tratta di una novità processuale che coinvolge poi, inevitabilmente, anche il piano pastorale: il vescovo, che è pastore e giudice della diocesi, manifesta una maggiore vicinanza alle ‘coppie ferite’ da un matrimonio finito, mostrandosi come colui che aiuta a fare discernimento. Monsignor Marino ha mostrato una spiccata sensibilità verso questo
aspetto appena varata la riforma. Quando, infatti, era ancora vescovo di Avellino, è stato il primo vescovo in Italia a conferire al proprio Tribunale diocesano tale potestà. Ha fatto la stessa scelta per la nostra diocesi che per la trattazione di questo tipo di processi è stata legata al Tribunale Ecclesiastico Interdiocesano Partenopeo e di Appello, che ho avuto l’onore di presiedere da luglio 2012 a febbraio 2020. Localizzare il Tribunale nella propria diocesi, inoltre, è un segno concreto di prossimità ai fedeli che rende più facile l’accesso alle ‘strutture giudiziarie’ della Chiesa.

Si tratta di una novità processuale ma anche pastorale: il vescovo si fa vicino alle coppie ferite per aiutarle a fare discernimento

Come ha detto, la riforma ha introdotto anche il processo ‘più breve’: il Tribunale diocesano è competente anche in questo caso? E soprattutto: quando si può optare per questo tipo di processo?

Il nostro Tribunale è competente a trattare i processi di nullità del matrimonio in tutte le forme previste dal diritto processuale canonico: quello giudiziale (il più frequente), quello ‘più breve’ e quello documentale. Inoltre, continuerà a trattare i processi ‘amministrativi’ per matrimonio valido, ma non consumato, il cui scioglimento non è stabilito da una sentenza, come nel processo giudiziale o documentale, ma da una ‘grazia’ che può essere concessa soltanto dal Papa. Per quanto riguarda il processo ‘più breve’, novità assoluta della riforma di papa Francesco, è un processo vero e proprio, non un miniprocesso. Affinché possa essere celebrato sono necessari due requisiti imprescindibili ed inseparabili: primo, la nullità deve essere evidente, non deve essere ricercata e provata durante la fase istruttoria; secondo: le parti devono essere concordi nella presentazione della domanda o, almeno, l’altra parte non deve opporsi. Inoltre, il processo viene affidato ad un Istruttore, non ad un collegio giudicante composto da tre giudici, come nel processo ordinario; la verbalizzazione delle deposizioni riguarda solo il motivo di nullità accusato e la decisione spetta al vescovo diocesano. Proprio quest’ultimo punto costituisce un’altra grande novità della riforma del processo matrimoniale canonico fatta da papa Francesco: la rivalutazione della potestà giudiziale del vescovo diocesano. Il vescovo, infatti, gode della potestà legislativa, mai delegabile; della potestà esecutiva, che esercita attraverso il vicario generale e i vicari episcopali; della potestà giudiziale, che esercita solitamente, essendo richiesta una preparazione tecnica in campo giuridico, attraverso il vicario giudiziale. Nel processo ‘più breve’, il vescovo può condurre personalmente la fase istruttoria o delegarla ad altra persona, ma la decisione e la sottoscrizione della sentenza spettano unicamente a lui, dopo aver sentito il difensore del vincolo e due persone, chiamate ‘assessori’, che devono esprimere un parere in merito alla questione. Circa questa tipologia di processo, purtroppo, c’è ancora poca esatta informazione. Alcune persone, erroneamente istruite, arrivano in Tribunale a presentare la documentazione, chiedendo quando dovranno tornare ‘a prendere la risposta’, come se si trattasse di analisi diagnostiche. Mi permetto suggerire ai confratelli, soprattutto parroci, di non dare informazioni sbagliate ed approssimative a tale riguardo, ma di indirizzare queste persone direttamente presso il Tribunale dove, gratuitamente, potranno ricevere tutte le informazioni necessarie.

Il Papa nel Motu Proprio prima citato non nasconde i rischi che un giudizio abbreviato può portare al principio dell’indissolubilità del matrimonio: rischi da correre? Ad oggi quante sono le richieste di verifica di nullità del matrimonio in diocesi? E le cause in corso?

I motivi che rendono nullo il matrimonio non sono cambiati e meno che meno stravolti in questo tipo di processo rispetto a quello ordinario. Ci sono persone che ‘tentano’ il processo per la dichiarazione di nullità, ma è un diritto di tutti ricorrere alla giustizia della Chiesa. Non è scontato che l’esito del processo sia sempre positivo; se un matrimonio risulta valido, la sentenza sarà negativa. La riforma non è fatta da norme che vogliono ‘favorire’ la nullità dei matrimoni, ma piuttosto la celerità dei processi. È bene che questo sia chiaro non solo nei fedeli ma anche in tutti noi che siamo chiamati a guidare il popolo di Dio. La semplicità dell’iter non è, e non deve essere, un diminuire l’attenzione al rispetto della dottrina canonica e sacramentale.
Il Santo Padre rimanda direttamente ai vescovi il compito di vigilare, perché non vi siano ombre sull’indissolubilità del vincolo. Presso il nostro Tribunale, dal 19 marzo sono state già introdotte, tre cause e sono attualmente tutte nella fase iniziale, così come previsto dalla procedura.

Monsignor Marino ha istituito anche l’Ufficio per l’accoglienza dei fedeli separati che agirà in sintonia con la pastorale per la famiglia

Il vescovo Marino ha recentemente istituito anche l’Ufficio diocesano per l’accoglienza dei fedeli separati: quale il motivo di questa scelta e come si rapporterà al Tribunale e alla pastorale familiare?

Il nostro Vescovo, in occasione del quinto anniversario della pubblicazione dell’Esortazione Apostolica Amoris Laetitia, scritta da Papa Francesco al termine di due Sinodi dei Vescovi sul tema della Famiglia, e in occasione dell’anno della famiglia, voluto dal Papa e iniziato il 19 marzo scorso, ha istituito questo nuovo Ufficio. Come si legge nel Decreto di istituzione «la presenza di molti fedeli che vivono l’esperienza della separazione coniugale, spingono il vescovo a prendersi cura di queste persone». Accogliendo l’invito del Papa, è messo a disposizione delle persone separate e delle coppie in crisi, un servizio di informazione, di consiglio e di mediazione, di accompagnamento, anche in vista dell’indagine preliminare al processo matrimoniale per la
nullità del matrimonio. Papa Francesco ha indicato tre verbi per la realizzazione questo ‘servizio’: accompagnare, discernere e integrare. È ovvio che questo nuovo ufficio agirà in stretta collaborazione ed interazione con l’Ufficio di pastorale familiare diocesano. Il servizio offerto dall’Ufficio diocesano per l’accoglienza dei fedeli separati è gratuito, basta contattare il Tribunale diocesano e fissare un appuntamento per un incontro. Concludo facendo un appello ai fedeli della nostra diocesi che vivono l’esperienza della separazione coniugale a non avere paura di lasciarsi accompagnare. La Chiesa non può e non vuole chiudere le porte a nessuno. Dobbiamo imparare a fidarci ed darci ad essa, che è nostra madre.

 

 




Questo sito web utilizza i cookie
Questo sito o gli strumenti di terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento e utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più consulta la cookie policy. Chiudendo questo banner acconsenti all'uso dei cookie.
design komunica.it | cms korallo.it.