Per poter servire il bene comune è vitale formarsi

Uno dei problemi attuali è infatti la crisi della partecipazione alla vita pubblica e una scarsa qualità media degli amministratori. A luglio, per inDialogo, ne abbiamo parlato con Lucio Romano, medico, accademico e senatore di Scelta Civica nella scorsa legislatura, è anche presidente di “Comunità solidale” di Aversa, movimento che si occupa proprio di impegno sociale e formazione di cultura politica.

Lo scorso 25 e il 26 giugno, presso il Seminario vescovile di Nola, l’Azione cattolica diocesana ha organizzato la prima edizione della Summer School. Una due giorni di studio e riflessione rivolta a tutti i giovani e gli adulti che si sentono interpellati dai temi della cittadinanza attiva e del bene comune. Uno dei problemi attuali è infatti la crisi della partecipazione alla vita pubblica e una scarsa qualità media degli amministratori. Lucio Romano, medico, accademico e senatore di Scelta Civica nella scorsa legislatura, è anche presidente di “Comunità solidale” di Aversa, movimento che si occupa proprio di impegno sociale e formazione di cultura politica.


Professore, come descriverebbe questo “tempo politico”?

Partirei da una prospettiva internazionale. Questo tempo politico è incerto, confuso, problematico. Con derive estremamente pericolose. Finite le grandi narrazioni del Novecento, sembra più subdola e altrettanto critica la pervadente suggestione di populismi e sovranismi, fino a giungere a quelle che sono state definite democrature e democrazie illiberali. Vale dire regimi politici improntati alle regole formali della democrazia, ma ispirati nei comportamenti a un autoritarismo sostanziale. Si assiste, insomma, a una contraffazione dei fondamentali della democrazia comunitaria. Si impoverisce fino ad annullare l’intermediazione con una fiducia irrazionale o verso il proprio gruppo politico di riferimento o verso il capo che si pone in contatto diretto con il “suo” popolo. In questo contesto il ruolo politico dell’Europa e dell’Italia, in particolare, è fondamentale per contrastare tali derive.


Un recente sondaggio SWG dice che per 2 italiani su 3 nessuno dei nostri attuali leader politici rappresenta un riferimento morale. Se la nostra è età post-ideologica, è anche
età in cui mancano testimoni pubblici credibili.

È un dato decisamente negativo che allontana l’impegno politico diretto di tanti cittadini. In politica il percepito ha un grande peso. Credibilità del leader politico significa dare testimonianza concreta, tangibile e coerente di una politica intesa come servizio. Abbiamo bisogno di testimoni, di politici che non inseguono solo un consenso, per quanto effimero e liquido come è evidente a tutti. Piuttosto, per dirla con papa Francesco nella Fratelli tutti, che siano in grado di dare vita a processi di fraternità e di giustizia. Non dimentichiamo che un effetto tangibile, nonché preoccupante, di disaffezione è dato dall’astensionismo. Tuttavia, ci sono anche interrogativi che non possono essere elusi. Quali sono i criteri di selezione dei politici? Quali sono i criteri che portano l’elettore a votare un determinato politico? Ci sono responsabilità condivise?


Da tempo si parla della crisi delle strutture di mediazione - partiti, associazioni, sindacati – vecchi luoghi di partecipazione e formazione. Quali soluzioni? 

Per un certo periodo c’è stato un sentire abbastanza diffuso tendente a delegittimare le strutture di mediazione. Mancanza di credibilità e di fiducia. Su altro fronte, come è stato accortamente rilevato, la disintermediazione, tentazione crescente anche sul piano istituzionale, le aveva relegate a un ruolo di secondo piano. La democrazia diretta e il peso crescente delle piattaforme nella nostra società sembravano prossime a decretarne la fine. Da non dimenticare, poi, la rilevanza politica dei corpi intermedi. Come ci ricorda la Dottrina sociale della Chiesa, la società civile, organizzata nei suoi corpi intermedi, è capace di contribuire al conseguimento del bene comune ponendosi in un rapporto di collaborazione e di efficace complementarità rispetto allo Stato e al mercato, favorendo così lo sviluppo di una imprescindibile democrazia.


C’è grande richiesta di formazione seria all’impegno politico. Nello stesso tempo, però, oggi la parola “competenza” suona anche come elitaria, fredda. Come poterla risignificare?

Competenza e politica non possono essere in contrapposizione. Né tantomeno la competenza può essere considerata elitaria ed esclusiva. Appare evidente che quando la rappresentanza politica risulta conflittualmente divisa o incapace di assicurare stabilità di fronte alle emergenze economiche e sociali, si richiede l’intervento del tecnico ovvero del competente. La recente storia politica italiana è tangibile rappresentazione. Senza poi dimenticare che qualsiasi scelta, assunta da un governo cosiddetto tecnico, è sempre politica. Comunque, da più parti si rileva una nostalgia per percorsi di formazione che caratterizzava la politica alcuni decenni orsono. Ma evidenzio che diverse sono oggi le esperienze di scuole che, variamente strutturate, danno la possibilità di conseguire una congrua formazione politica. In particolare, ricordo le numerose scuole nel mondo cattolico. Sono la dimostrazione di un risveglio di interesse e si configurano come strumento di formazione a un’etica del comportamento sociopolitico, capace di ispirare un’azione per il cambiamento di strutture e istituzioni in funzione dei bisogni e attese reali della gente. Preparano all’impegno diretto anche se bisogna rilevare una certa timidezza successiva o titubanza ad assumere responsabilità in partiti o movimenti. Quasi una sorta di timore o una supposta carenza di spazi di rappresentanza.


Cosa direbbe a un/a giovane che voglia impegnarsi nella politica attiva oggi?

Non lasciarsi scoraggiare né demordere. C’è uno spazio politico enorme. Direi fondamentale seguire l’insegnamento del presidente Mattarella che proprio ai giovani rivolge ripetutamente la sua attenzione. Riprendendo le sue parole, esorta a non perdere fiducia, a non inaridirsi solo perché la politica spesso smarrisce il suo senso. Sollecita a non accantonare per scoramento o sfiducia i grandi obiettivi della giustizia, della pace, della lotta alle esclusioni e contro le diseguaglianze.


La questione dei cattolici in politica: ha ancora senso parlarne? Se sì, in che modo?

Pur tralasciando la ricorrente dialettica sull’unicità partitica dei cattolici, il ruolo del cattolico in politica non ha perso importanza. Anzi, è ancor più attuale. Basta ricordare i temi della biopolitica, dei diritti sociali e individuali, dell’economia e dell’accoglienza, del dialogo. Come ci ricorda ancora la Dottrina sociale della Chiesa, tutte le realtà umane secolari, personali e sociali, ambienti e situazioni storiche, strutture e istituzioni, sono il luogo proprio del vivere e dell’operare dei cristiani laici. Ben consapevoli, però, dell’incontro con culture politiche varie e del confronto su sfide pratiche. È tutto un mondo aperto per una buona politica.







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