«La pietà verso i defunti ci aiuta a illuminare, con la fede, il buio della morte»

L'omelia del vescovo Francesco Marino durante la celebrazione eucaristica di questa mattina, al Cimitero di Pomigliano d'Arco

Questa mattina, presso il Cimitero di Pomigliano d'Arco, il vescovo Francesco Marino ha presieduto la Celebrazione eucaristica per la Commemorazione di tutti i defunti.

«La pietà verso i defunti ci aiuta a illuminare, con la fede, il buio della morte»

«Abbiamo ascoltato la Parola di Dio in questo giorno che la Chiesa dedica alla Commemorazione di tutti i fedeli defunti - ha detto nell'omelia monsignor Marino -. È un giorno in cui siamo chiamati a manifestare (anche attraverso segni che vanno valorizzati, come fiori, i lumini, e altre espressioni di devozione) la pietas, quel senso anche naturale di rispetto, di cura, di solidarietà umana profondissima verso i fedeli defunti, verso i fratelli e le sorelle che ci hanno trasmesso tutto e, in maniera particolare, ci hanno trasmesso la fede e la speranza in Gesù Cristo. Queste realtà umane profonde, religiose, naturali e illuminate poi dalla parola di Dio e da Gesù Cristo, occorre che noi le conserviamo e attraverso esse educhiamo anche i nostri ragazzi, i nostri giovani, mentre il mondo perde sempre più, intorno a noi, anche nelle sue espressioni culturali, i riferimenti essenziali dell’umanità e dell’umanesimo. Torniamo a valorizzare i valori umani che la pietà verso i defunti e la solidarietà, la comunione, diremmo in termini cristiani, ci inculcano, e questo mi pare importante come prima considerazione».

E ha poi sottolineato: «L’altra più profonda considerazione viene dalla parola di Dio che abbiamo ascoltato, che ci aiuta ad alimentare la fede, perché, carissimi fratelli e sorelle, soltanto la parola di Dio, soltanto l’insegnamento di Gesù Cristo che ci è trasmesso dalla fede della Chiesa, ci dà una risposta vera al dramma: perché la morte è un dramma. La fede illumina il buio della morte. È inutile nasconderci dietro un dito, e mentre lo dico a voi lo dico anche a me stesso: ognuno di noi, di fronte alla morte, si pone l’interrogativo fondamentale sul senso della vita. Com’è possibile superare la porta stretta della morte? Qual è il senso della mia vita, della nostra vita? Come poter dare un senso alla vita se c’è la morte e c’è anche la corruzione dei nostri corpi, che sembrano mettere fine a tutto? Ecco allora la Parola di Gesù, ecco l’appello alla fede rivolto a ciascuno di noi: «Io sono la risurrezione e la vita. Chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno» (Gv 11, 25-26). E ancora come abbiamo ascoltato: «Questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell'ultimo giorno» (Gv 6, 39). C’è, in queste parole, una promessa, che però è espressa, potremmo dire, al presente, perché in qualche maniera, nel linguaggio di Gesù, nella Parola di Gesù, potremmo dire che i tempi sono accorciati, come se fossero sintetizzati nel momento presente che è già gravido, già pieno di quello che avverrà alla fine, l’ultimo giorno: l’ultimo giorno non significa, appunto, ultimo di una serie di giorni ma è il giorno definitivo quel giorno che già è cominciato nella resurrezione di Gesù».

«Dio, morendo nel figlio suo Gesù, ha vinto la morte assumendo la morte»

«Quando le donne, al mattino del giorno dopo il sabato, si recano al sepolcro e lo trovano vuoto, e piene di timore corrono dai discepoli per riferire loro quanto visto, i discepoli poi corrono al sepolcro e ricevono l’annuncio della risurrezione – ha continuato il vescovo Marino -. Carissimi da quel momento in poi comincia veramente il tempo definitivo che porta in sé già quella definitività per tutta l’umanità che è la definitività della vita di Dio e dell’amore di Dio che vince la morte. In questo tempo noi siamo. Ma, la cosa sorprendente, carissimi fratelli e sorelle, che risponde alle domande che ponevo prima, la spiega San Paolo nella lettura che abbiamo ascoltato (Rm 5,5-11): è successo che proprio prendendo su di sé la morte, vivendo la morte, se in questi termini possiamo esprimerci, sperimentando la morte, assumendo la morte, Dio ci ha salvati. Dio ha vinto la morte assumendo la morte, morendo nel figlio suo Gesù, nell’umanità di Gesù e in quella morte egli ci ha liberati dalla morte, cioè dal senso terribile oscuro, buio, dal non senso della morte. Perché Gesù nella morte è entrato con tutta la potenza della fede e della fiducia nel Padre, con tutta la potenza dell’amore che superava, non solo il dolore fisico e il dolore spirituale di quell’evento, ma superava anche il distacco, la distanza, dell’uomo peccatore dal Padre che ama, che è Dio amore, misericordia. La sua morte è stata per Gesù la vittoria sul non senso della morte, perché la morte nasce dal male, nasce dal peccato, nasce cioè, come dice ancora San Paolo, dalla disobbedienza del primo uomo, Adamo, che ha scelto di vivere senza Dio e di opporsi a Dio che è il Padre creatore e che ci ha creati nell’amore e ci ama come figli».

E ha concluso il vescovo: «Carissimi fratelli e sorelle, è dunque nella morte di Gesù che noi ritroviamo la vita della fede che si consegna, che si fa obbedienza, si fa cioè rapporto filiale con Dio. Sono belle le parole di San Paolo che abbiamo ascoltato: «Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi» (Rm 5,8). E naturalmente Cristo non è rimasto nel sepolcro: nella morte Gesù ci ha liberati dalla morte, ha rivelato la potenza della vita nella sua risurrezione, la vittoria di Dio, del Padre di Gesù Cristo sulla morte mediante la risurrezione, che non è soltanto la risurrezione di Gesù Cristo, perché in Gesù Cristo c’è il principio di risurrezione, la fonte, la sorgente la causa della risurrezione finale di tutti noi.
Vedete, questo è il cuore della fede cristiana. Noi crediamo in Cristo che è morto per noi ed è resuscitato per la nostra salvezza, per la nostra risurrezione e nella resurrezione di Gesù c’è il trionfo del bene, della verità e dunque dell’amore sull’odio e sul peccato. Gli uomini e le donne cristiane sono uomini e donne di fede e di speranza, anche oggi, tempi nei quali ancora sperimentiamo e viviamo le gravi conseguenze del male, delle scelte cattive dell’uomo (pensiamo alla guerra), affrontabili solo attraverso la fede del Signore Gesù che ci dà la forza per essere uomini e donne di pace, perché sospinti dal suo amore, sospinti dalla speranza del Signore Gesù che è risorto dai morti e illumina anche il nostro tempo, il tempo presente, con la speranza della vita e della vittoria su ogni male.
Carissimi fratelli e sorelle, nel battesimo siamo stati resi partecipi di questa vittoria. Gesù lo dice: allora aderiamo alla parola di Gesù per noi, per i nostri cari defunti, nutriamoci dell’Eucarestia e camminiamo nelle piccole cose ordinarie della vita presente, già nella luce della Risurrezione. Lo dico per tutti noi, lo dico per i nostri cari defunti, lo dico anche per questo nostro mondo che ha bisogno della luce di Dio. È per questo continuiamo a pregare».






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