Codice dei Camaldoli: linfa ancora vitale

Una settimana fa la celebrazione degli ottant'anni del testo che ha ispirato la Costituzione italiana

Per poter edificare il futuro bisogna nutrirsi della linfa di solide radici. In un momento storico di grandi cambiamenti e di sfide difficili sul piano nazionale e globale, l’Italia si trova a celebrare un anniversario importante, quello del cosiddetto “Codice di Camaldoli”, il cui titolo è Per la comunità cristiana. Principii dell’ordinamento sociale a cura di un gruppo di studiosi amici di Camaldoli. Si tratta del documento elaborato, nel luglio del 1943, da un gruppo di intellettuali di ispirazione cattolica, mentre infuriava la Seconda Guerra mondiale, e pubblicato nell'aprile 1945 sulla rivista degli studenti universitari di Azione Cattolica, la Fuci: rappresenterà la base della futura Costituzione repubblicana, promulgata alcuni anni dopo, nel 1947.

Gli ottant'anni del Codice dei Camaldoli

Ottant'anni fa il Codice dei Camaldoli: un testo attuale

Per ricordare quei giorni, a otto decenni di distanza, dal 21 al 23 luglio scorso, si è svolto presso il Monastero di Camaldoli (Arezzo) il convegno Il Codice di Camaldoli. Tra mito e storia una vicenda ricolma di futuro a ottant’anni dal convegno del luglio 1943, organizzato dalla Cei, dalla Comunità di Camaldoli e da Toscana Oggi. Il primo giorno ha visto la presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e del cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, che ha tenuto la prolusione iniziale, seguita dalla relazione introduttiva di Tiziano Torresi, dell’Università di Roma Tre. Sabato 22 si sono tenuti gli interventi di Alberto Guasco, dell’Istituto di Storia dell’Europa Mediterranea, di Angelo Maffeis, presidente dell’Istituto Paolo VI, di Marta Cartabia, dell’Università Bocconi, e di Alessandro Angelo Persico, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Nel pomeriggio spazio ai contributi di Francesco Bonini, rettore dell’Università Lumsa, di Marialuisa Lucia Sergio, dell’Università di Roma Tre, e di Daria Gabusi, dell’Università “Giustino Fortunato” di Benevento. Domenica 23 luglio, le conclusioni con le riflessioni di Sebastiano Nerozzi, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, di Enrica Chiappero Martinetti, dell’Università di Pavia, e di Paolo Acanfora, dell’Università di Roma "La Sapienza". 

Mattarella: «Prezioso recuperare la forza di un testo che identifica con determinazione il principio della pace e della dignità della persona»

«A settantacinque anni dall'entrata in vigore della Costituzione della Repubblica - ha detto il Capo dello Stato Mattarella durante l’evento - è compito prezioso tornare sulle riflessioni che hanno contribuito alla sua formazione e alle figure che hanno avuto ruolo propulsivo in quei frangenti. Ecco allora che il testo “Per la comunità cristiana. Principi dell'ordinamento sociale”, dispiega tutta la sua forza, sia come tappa di maturazione di quello che sarà un impegno per la nuova Italia da parte del movimento cattolico, sia come ispirazione per il patto costituzionale che, di lì a poco, vedrà impegnati nella redazione le migliori energie del Paese». Il Codice, ha continuato Mattarella, «identifica poi, con determinazione il principio della pace: “Deve abbandonarsi il funesto principio che i rapporti internazionali siano rapporti di forza, chela forza crei il diritto…”. Occorre “la creazione di un vero e non fittizio o formale ordine giuridico che subordini o conformi la politica degli Stati alla superiore esigenza della comune vita dei popoli”».

Le dichiarazioni di Mattarella ricalcano, in sintesi, quanto il Capo dello Stato aveva espresso in forma più articolata nel messaggio inviato nei giorni precedenti ai settimanali cattolici della Fisc (Federazione italiana stampa cattolica), pubblicato il 20 luglio, alla vigilia dell’evento commemorativo. In quel testo Mattarella evidenziava quanto importante fosse tornare sulle riflessioni che hanno contribuito alla formazione della Costituzione e alle figure che hanno avuto ruolo propulsivo in quei frangenti. Da quella carta, ha affermato ancora Mattarella nel suo messaggio, «vengono orientamenti basilari, che riscontriamo oggi nel nostro ordinamento. Anzitutto la affermazione della dignità della persona e del suo primato rispetto allo Stato - con il rifiuto di ogni concezione assolutistica della politica - da cui deriva il rispetto del ruolo e delle responsabilità della società civile. Di più, sulla spinta di un organico aggiornamento della Dottrina sociale della Chiesa cattolica, emerge la funzione della comunità politica come garante e promotrice dei valori basilari di uguaglianza fra i cittadini e di promozione della giustizia sociale fra di essi».

Mattarella al Convegno sul Codice dei Camaldoli

Zuppi: «Il Codice nacque in uno dei momenti più buoi della lunga notte della guerra»

Tornando all’appuntamento del 21-23 luglio, nel suo intervento introduttivo, il cardinale Matteo Zuppi ha richiamato, in apertura, alcuni aspetti storici: «Nei ricordi del Codice si sono inseriti anche elementi mitici. Un po’ di mito è utile, perché ogni ripartenza ha bisogno di passione, di entusiasmo e - perché no? - anche di miti fondatori. Certe avventure da laboratorio o frutto più di algoritmi e calcoli che di ideali e vita vera, non scaldano il cuore né illuminano le menti! Ma c’è un elemento mitico nella narrazione che a me pare vada rimosso: la convinzione che il testo sia stato scritto qui nel luglio 1943. L’intenzione era questa e i promotori si dettero appuntamento il 18 luglio per una settimana di studi. Ma molti relatori importanti non vennero. Altri lasciarono Camaldoli prima. Non era presente neanche Sergio Paronetto, il protagonista principale della vicenda, che proprio in quei giorni si sposò, a Merano, con Maria Luisa Valier».

Peraltro – ha ricordato Zuppi - i giorni scelti furono drammatici per l’Italia: «Il diciannove luglio 1943 avvenne il terribile bombardamento di San Lorenzo a Roma e il venticinque il Gran Consiglio del fascismo segnò la fine del regime. Il Codice nacque in uno dei momenti più bui della lunga notte della guerra. Pio XII credeva nella pace e si pose con forza il problema del “dopo”: ricostruire la società e l’ordine internazionale. Pio XII chiese ai cattolici di uscire dalla loro passività e di prendere l’iniziativa. La responsabilità è iniziativa, altrimenti ci si accontenta delle proprie ragioni o dei buoni sentimenti, questi diventano vano compiacimento e non umiliandosi con la vita concreta fanno illudere di essere dalla parte giusta anche se si finisce fuori dalla storia!».

Se c’è una cosa che colpisce nel Codice – ha evidenziato il presidente dei vescovi italiani - che ispira tutta la riflessione è lo stretto rapporto tra la persona, l’ "io" e la comunità, la "convivenza", lo Stato, il "noi": «Sono inseparabili. Dovremmo chiederci: cosa è successo e cosa succede quando silenziosamente li abbiamo divisi? A cosa si riduce la casa comune, ma, a veder bene, anche l’individuo, quando questo diventa isola e esigente consumatore di diritti individuali senza il noi? Questo era anche il fondamento dell’economia, dove la solidarietà è indicata come il dovere della collaborazione anche nel campo economico per “il raggiungimento del fine comune della società e la destinazione primaria dei beni materiali a vantaggio di tutti gli uomini”. La funzione della proprietà è duplice: personale e sociale. “Personale, in quanto a fondamento di essa sta il potenziamento della persona; sociale in quanto tale potenziamento non è concepibile al di fuori della società, senza il concorso della società, e in quanto è primaria la destinazione dei beni materiali a vantaggio di tutti gli uomini”».

Ad ogni modo, ha scandito Zuppi, «la visione di Camaldoli aiutò a preparare quell’inchiostro con cui venne scritta la Costituzione, frutto di idealità ma anche di capacità di confronto, visione, consapevolezza dei valori della persona, giustizia, libertà, solidarietà. Questo inchiostro rimane un requisito indispensabile quando si pensa di toccarne il testo e, aggiungo, grande indicazione per impostare un piano che sia nazionale e di vera resistenza e resilienza. La tragedia della guerra richiedeva di fondare la convivenza nazionale e internazionale su basi solide. Oggi la democrazia appare infragilita e in ritirata nel mondo. Ecco un campo cui i cristiani devono applicarsi – ha continuato il cardinale - interrogandosi su come deve essere la democrazia nel XXI secolo, vivere quell’amore politico senza il quale la politica si trasforma o si degenera. Bisogna mettere a fuoco attorno a quest’emergenza così decisiva, esperienze, tradizioni, visioni, idee, risorse reali, anche se disperse. In questa prospettiva, sarebbe importante una Camaldoli europea, con partecipanti da tutt’Europa, per parlare di democrazia e Europa. Molti estensori del Codice sono entrati nella Dc e molti esponenti della Dc – e di altri partiti – hanno assunto i contenuti del testo. L’esperienza insegna che il lavoro culturale, anche indipendente dalla politica, è fondamentale. Talvolta si usa la parola prepolitico a proposito del lavoro culturale, con una punta di deconsiderazione. Oggi ce n’è un grande bisogno per sfidare la politica a guardare lontano con visioni e pensieri lunghi».

Da quanto affermato, il cardinal Zuppi trae le conseguenze in ordine all’importanza dei corpi intermedi: «Le idee del Codice di Camaldoli hanno camminato sulle gambe dei partiti. Oggi la situazione è molto diversa. Non ci sono partiti d’ispirazione cristiana e, più in generale, partiti organizzati di stampo novecentesco. Questo non deve certo diventare un alibi per non cercare nuovi modi di fare politica o per fare politica svincolati da principi, valori e contenuti. Se non troviamo le mediazioni necessarie chi interpreta le esigenze, le orienta e sa indicare risposte nella complessità della vita? La disaffezione dalla politica non può non interrogarci. Il Codice di Camaldoli è diventato il simbolo della capacità di iniziativa dei cattolici per il futuro dell’Italia durante la guerra. Lo si è ricordato ogni volta che si è cercata una «ripartenza»: alla Costituente, agli albori degli anni Sessanta, dopo il grande cambiamento politico dei primi anni Novanta. Oggi siamo in una stagione in cui si sente il bisogno di una responsabilità civile maggiore. Per l’Italia, per l’Europa, per il mondo: tutto è incredibilmente connesso. Tornare a Camaldoli, allora, è un bisogno e una chiamata alla responsabilità: per guardare lontano e non essere prigionieri del presente. Il Codice è stato un’iniziativa coraggiosa di chi non aspettava gli eventi, non stava a guardare ma voleva andare oltre il fascismo e le distruzioni della guerra».

Convegno Codice dei Camaldoli 2023

Cartabia: «Fondamentale contributo cattolico al rapporto tra persona, società, Stato e rapporti economici sociali»

Dopo l’introduzione, si è dipanata la prima serie di interventi. Tra questi si segnala in particolare quello di Marta Cartabia (Università Bocconi, ex ministra della Giustizia). È stata lei a intessere la rete di richiami tra il Codice di Camaldoli e la Costituzione repubblicana. «Il codice è frutto di un pensiero che si è fatto interrogare dai problemi più scottanti e ha saputo offrire punti di sintesi e punti di incontro che hanno facilitato il lavoro di tutte le forze politiche nella Costituente. Sono poche le dipendenze letterali dirette fra i due testi. Il codice non aveva pretesa di definitività ma fu un contributo, con le altre culture» alla stesura della Costituzione. L’influenza del Codice ci fu - ha continuato la Cartabia - soprattutto con l’impostazione che gli intellettuali cattolici diedero sul «rapporto tra persona, società, Stato, e rapporti economici sociali», come via di cambiamento dal totalitarismo fascista e dall’impostazione meramente liberale e capitalistica.

Nel suo intervento Cartabia ha messo in luce il personalismo lapiriano come faro, di fatto, all’interno della Costituente e poi ne ha sottolineato un aspetto. Gli studiosi che scrissero il Codice di Camaldoli «traevano ispirazione dalla dottrina sociale della Chiesa - ha detto - Ma fattore decisivo fu che il Codice diede sviluppo al pensiero sociale e non fu mera riproposizione del magistero dell’autorità ecclesiastica. C’è un’autonomia del codice che va sottolineata».

Convegno Codice dei Camaldoli 2023

Francesco Bonini: «Il codice ci ricorda che tra individualismo e antindividualismo c'è il personalismo cristiano»

Nel pomeriggio del 22 luglio, inoltre, altro panel di interventi tra cui quello di Francesco Bonini (Università Lumsa) che ha sottolineato la concretezza del Codice di Camaldoli, sui temi affrontati, ma soprattutto ne ha parlato come documento che definisce un campo: «C’è cristianità e identità, non in senso autoritario ma come definizione del campo. Si tratta di annotazioni impressionistiche all’interno di un processo, gestito da gruppo coerente per storia e collocazione, dove l’ispirazione ecclesiale genera un campo culturale che è l’antitesi dottrinale al fascismo. Il Codice è il primo elemento di questo campo culturale che darà molti frutti, ci saranno infatti varie coltivazioni in questo campo». Inoltre per Bonini, in quel testo si esplicita apertamente il «tertium datur: il mondo non è diviso tra individualismo e antindividualismo. Ricordiamoci Maritain, c’è il personalismo cristiano».

Dopo gli interventi che hanno offerto l’orizzonte intepretativo generale del tema, sono intervenuti: Alberto Guasco, sugli antefatti e le ispirazioni del Codice; don Angelo Maffeis, sul ruolo dei teologi; Alessandro Angelo Persico, che ha parlato invece del mito e della realtà del Codice e anche del processo di composizione. Poi l’analisi dei temi concreti: la famiglia (Marialuisa Lucia Sergio), l’educazione (Daria Gabusi), il lavoro (Sebastiano Nerozzi), l’economia (Enrica Chiappero Martinetti), la vita internazionale (Paolo Ancanfora).

Betori: «Il mondo degli intellettuali cattolici ha ancora molto da dire»

Dopo gli interventi degli accademici, sono giunte le conclusioni del cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze e presidente della Conferenza episcopale toscana. «Una delle esperienze più belle che ho fatto stando qui in questi giorni – ha scandito Betori - è che il mondo degli intellettuali cattolici ha ancora molto da dire». L’arcivescovo ha voluto sottolineare l’alta qualità del dibattito: «Noi abbiamo assistito a relazioni di alto livello, in profondità intellettuale, culturale, di studio. Il che dimostra che gli intellettuali cattolici non sono morti. A volte ci diamo un po’ il flagello sulle spalle, diciamo che siamo in estinzione, come Chiesa e come mondo cattolico, che siamo inefficaci in una società plurale come quella in cui viviamo, che siamo una minoranza ridotta ormai all’emarginazione». Dall’esperienza di Camaldoli, invece, «abbiamo l’esempio che ci viene da coloro che hanno generato il Codice di Camaldoli, che non erano certo i dominatori della scena, né politica né culturale, del tempo. Un piccolo gruppo di persone che è stata capace di elaborare riferimenti che valgono per noi ancora oggi». Allo stesso tempo, «anche per noi non è tutto perduto, abbiamo ancora dei semi da far crescere all’interno della nostra comunità, un’elaborazione. Non dico un nuovo Codice, ma quell’humus che il Codice a un certo punto sintetizza può rinascere ancora tra di noi. Questo credo che sia il compito di domani».

Il Segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, ha presieduto la celebrazione eucaristica ha celebrato la Santa Messa a conclusione del Convegno: «La partecipazione alla crescita democratica della società civile e delle istituzioni ha oggi bisogno di donne e di uomini cristiani, consapevoli della loro fede, che testimonino, in ogni ambito del vivere comune, la loro ispirazione, i valori e i comportamenti che la loro fede continua a fermentare, senza i quali questa società non sarà migliore. L’individualismo esasperato di oggi non restituisce alle persone la libertà sperata, la felicità cercata, bensì il consumo di sé stessi. Abbiamo bisogno di recuperare la passione dell’altro, il riconoscimento dell’altro, l’accoglienza dell’altro - ha detto Parolin durante l'omelia -. Credo che si debbano aumentare i luoghi di incontro, di formazione, le occasioni di riflessione comune non solo sui temi civili e sociali ma anche su quelli della fede: sia nella forma ecclesiale – il Sinodo in corso, voluto da Papa Francesco, ne è un’espressione – sia nella forma laicale, attraverso un autonomo e responsabile esercizio di laicità del credente».

Convegno ottant'anni del Codice dei Camaldoli







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