Creatività, innovazione ed etica come guardrail

A margine della Giornata mondiale della creatività e dell'innovazione, una riflessione di Monica Napolitano, membro della delegazione per l'Università Cattolica della diocesi di Nola

di Monica Napolitano*

Se Marinetti avesse vissuto oggi, avrebbe realizzato che la velocità del futuro immaginato era in slow motion al confronto con la realtà. Siamo così immersi in questa rete da ignorare che Intelligenza Artificiale (IA) è tutto ciò che quotidianamente sintetizza i nostri pensieri in azioni, con due scopi principali: massimizzare la resa del prodotto e ottimizzarne la realizzazione nel minor tempo possibile.

L'etica sia motore di creatività e innovazione

Dal machine al deep learning, l’elaborazione dell’algoritmo perfetto è l’imperativo a monte di ogni processo produttivo. Nell’era dell’Hi-Teck, l’equilibrio Uomo-Macchina è stato raggiunto grazie alla sinergia di due forze motrici: creatività, estro dell’umano e fucina di idee, ed innovazione, implementazione di queste ultime in nuovi progetti, prodotti e processi di sviluppo.

Ma la mancata consapevolezza che dietro alla realizzazione di una nuova tecnologia ci sia il contributo di ciascuno di noi, che cede ad ogni click parte della sua storia, esperienza e pensiero, rischia di generare uno sbilanciamento a favore della macchina. Se nel processo produttivo consideriamo l’etica come attore a monte e non come supervisione ultimo del prodotto, poniamo un valido contrappeso, soprattutto in ambito biomedico, dove il rispetto di codici deontologici ha valore parimenti all’impiego di nuove tecnologie.

L’etica applicata all’IA punta ad essere ciò che il guard rail è per le automobili: rende l’innovazione compatibile con l’umano, ristabilendo un equilibrio tra il potenziale ed il possibile. Al bivio due strade: rendere l’etica computabile al fine di sviluppare algoritmi in grado di tradurla e inserirla tra le funzioni del processo innovativo o lasciare all’umano l’ultima parola.

Delegare operazioni non vuol dire delegare competenze

Delegare operazioni implica il rischio di delegare competenze e di privare l’uomo dell’esperienza, primo passo per la conoscenza. In ambito biomedico-sanitario, dove la conoscenza passa necessariamente dalla via esperienziale e dalla valutazione etica di ciascuna opzione, trovare un equilibrio Uomo-Macchina diventa prioritario.

Sebbene l’implementazione dell’IA in ambito sanitario abbia impattato positivamente ed abbia subito una brusca accelerata durante la pandemia COVID-19, supportando il personale nell’individuazione di diagnosi e terapie, implementando la telemedicina, accelerando lo sviluppo di farmaci sperimentali di nuova generazione, fornendo nuove metodiche interventistiche, la macchina, nella sua perfetta sintesi accademica dei dati, manifesta dei “bias” in termini di sinergia tra conoscenza ed esperienza, in quanto scevra di algoritmi in grado di tradurre l’umana sensibilità esperienziale fondata sulla relazione sociale.

Nel rapporto Uomo-IA resta il neo della fiducia e del controllo su quest’ultima, nella consapevolezza che il problem solving creativo dell’uomo surclassa le più avanzate tecnologie ogni qualvolta un ostacolo si frappone tra le maglie di un processo, nell’iter di una sperimentazione, nell’indagine diagnostica di un paziente.

*Classe 1994, è Clinical Reseach Associate presso CRO PPD Thermofisher - Biologa Molecolare specializzata in Sviluppo Preclinico e Clinico del farmaco.

 




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