Dialoghi d'artista: Prisco De Vivo incontra Franz Kafka

Le opere dell'artista campano in mostra ad Avellino fino al 13 maggio. Di recente De Vivo ha pubblicato "La radice delle cose" (Mimesis edizioni): ne scrive, per inDialogo, il giornalista Angelo Amato De Serpis

Il segno potente dell'arte di Prisco De Vivo non poteva non incontrare quello della scrittura verbale e visiva di Franz Kafka. Fino al 13 maggio, le opere dedicate allo scritto praghese dall'artista campano sono esposte ad Avellino presso all'Axrt Contemporary Gallery per la mostra "Kafka Alto. La verità è viva e possiede un volto vivo e mutevole", a cura di Alberto Dambruoso.

Le immagini visive frutto del dialogo tra De Vivo e l'autore de Le Metamorfosi - che era solito 'siglare' i fogli sui quali scriveva, con disegni di una potenza espressiva e introspettiva pari a quella del narrato - confluiranno poi in un libro d'artista, curato proprio da De Vivo, in occasione del centenario dello scrittore boemo.

La mostra su Kafka non è la sola ultima fatica di Prisco De Vivo che ha di recente pubblicato per Mimesis edizioni, La radice delle cose, nel quale, con la curatela della poetessa e giornalista Rosaria Ragni Licinio, ripercorre la sua vita creativa attraverso le interviste rilasciate dal 1995 al 2020.

Del libro, scrive per inDialogo, il giornalista Angelo Amato De Serpis.

De Serpis: «L'arte decisa di De Vivo invita a riflettere sul senso della vita»

Chi conosce Prisco De Vivo sa che ci si trova davanti a una persona schiva, riservata, poco propensa a parlare di sé, della sua intimità, se non attraverso quelle che sono le impressioni, gli stimoli e le emozioni che la sua versatile arte sa provocare nel pubblico. Allo stesso tempo Prisco è un’anima “multiforme”, pittore, scultore, poeta, scrittore, designer ma è sempre, in modo inequivocabile e immediatamente riconoscibile, Prisco De Vivo.

La radice delle cose è un bellissimo e originale volume, edito da Mimesis, che racchiude in modo estremamente ampio, ma per forza di cose comunque non esaustivo, la ricchezza espressiva e diversificata dell’arte di Prisco, attraverso la “collaborazione” di numerosi scrittori, critici, giornalisti, amanti dell’arte e amici, che parlano, attraverso la forma dialogante e scorrevole dell’intervista, di Prisco e “con” Prisco, della sua visione della vita, della religione, dell’arte, della filosofia, della poesia e, in sintesi, del mondo e dell’essenza umana osservata con gli occhi e l’animo attento e sensibile di Prisco De Vivo.

Un tale lavoro è probabilmente quello che meglio può illustrare l’arte complessa e variegata di Prisco, proprio perché il contributo di diversi e numerosi autori ne favorisce la sua conoscenza, avendo il privilegio di confrontare il proprio pensiero, quello dell’artista e quello dell’intervistatore, stimolando così una giusta molteplicità di prospettive.

La sagace cura di tale lavoro da parte di Rosaria Ragni Licinio, la formula “dialogante” dell’intervista prescelta, la varietà dei diversi “coautori”, consente realmente una vera e propria osmosi tra lettore, autore e intervistatore che ci spinge ad affrontare molteplici sfaccettature del pensiero, dell’arte e, quindi, della vita, ragionando tra “amici”, come davanti a una tazzina di caffè fumante. Proprio per tali semplici, ma indovinatissime peculiarità, il libro “di e su” Prisco De Vivo ha il pregio di affrontare grandi temi sociali e culturali, come quelli più personali e interiori, con la stessa leggerezza e scorrevolezza di un incontro informale, tra amici, proprio davanti a una tazza di caffè o di te.

Le radici delle cose sono, proprio per questo, radici che affondano e si diramano in profondità nella madre terra, come quelle di un ulivo, pianta cara all’area nolana e a Prisco, e che si espandono in altezza in modo non lineare, ma disordinato, e che vogliono raggiungere ambiti e spazi infiniti.

L’arte a tutto tondo di Prisco, sia quella poetica, pittorica o scultorea, è un’arte decisa, è un’arte mai banale, che sa toccare temi universali o particolari con la stessa forza e decisione, che non concede nulla alla ovvietà e alla frivolezza: il tratto è deciso, la parola secca, diretta, le forme ruvide. Lo spettatore, come il lettore, è quasi costretto, allo stesso tempo, a guardare e a riflettere.

Mettere insieme tante voci diverse dunque, oltre al pregio della pluralità di prospettive e visuali differenti, a volte anche conflittuali, aggiunge anche, e forse soprattutto, un ulteriore ambito valoriale che, partendo proprio dalla estrema varietà di punti di vista, invita il lettore al confronto e alla elaborazione di un proprio e personale punto di vista, cercando magari un fil rouge che possa accomunare le varie letture e i vari interventi con il proprio pensiero, quasi a rendere questa pubblicazione un punto di partenza per ulteriori e, perché no, infinite elaborazioni.

Prendendo a prestito alcune parole dal libro di Pasquale Gerardo Santella «…sulla produzione di Prisco De Vivo hanno influito la sua sofferta ma formativa esperienza di vita, il contesto sociale in cui ha operato, il paesaggio, gli incontri, le letture, il lavoro di bottega con gli arnesi del mestiere e, se volete, anche i fantasmi interiori…», si intravede chiaramente il travaglio, nel senso sia di percorso interiore, sia in quello più propriamente di “lavoro”, di fatica, di sudore, che trasmette l’opera di Prisco, sia artistica che poetica: a volte quasi un pugno in faccia che costringe a pensare.

Anche la copertina del libro suggerisce una visione intimistica e introspettiva dell’arte di Prisco, ma forse invita anche a una sua originale modalità di fruizione, attraverso la visione immediata dell’opera (ribadisco sia essa pittorica, scultorea o poetica), e la successiva costruzione del senso della vista, per meditare e riflettere, in modo introspettivo, sul messaggio recepito. Giustamente, come spesso mi piace sottolineare, le opere di Prisco devono essere a lungo viste con gli occhi, ma poi, ancora più a lungo, meditate con lo spirito e con l’animo.

Prisco De Vivo non tralascia, in diverse interviste, come in molte sue opere, la sfera religiosa e il suo personale approccio alla trascendenza e a Dio, che appare mai spettatore passivo, ma “motore” al quale ogni essere, volontariamente o involontariamente, tende a ritornare.

Mai più indicato per De Vivo è la semplice, ma sempre efficace, massima attribuita a Francesco d’Assisi che “chi lavora con le sue mani è un lavoratore, chi lavora con le sue mani e la sua testa è un artigiano, chi lavora con le sue mani, la sua testa e il suo cuore è un artista”, e tutto ciò vale per il De Vivo, poeta, scultore e pittore.




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