Fine vita: la nota pastorale dei vescovi campani

Con il documento "Custodire ogni vita, accompagnare ogni sofferenza", la Conferenza episcopale campana ha voluto ribadire per ribadire, con forza, il sì alla vita, alla cura, all’accompagnamento amorevole di chi soffre

La Conferenza episcopale campana ha inviato un documento, dal titolo Custodire ogni vita, accompagnare ogni sofferenza, a tutte le chiese della regione, con l’obiettivo principale di formare le coscienze su un tema particolarmente sensibile e attuale. Il testo è rivolto specificamente alle diocesi, affinché sia stampata, presentata e diffusa tra i fedeli nelle parrocchie e in ogni altra realtà ecclesiale. A tal fine sarà inviato alle singole comunità anche un sussidio a supporto delle diverse iniziative per diffondere la Nota, in occasione, per esempio, della prossima Giornata per la Vita, la prima domenica di febbraio, o in altri momenti tipici della vita delle comunità.

Un "sì" alla vita, alla cura, all’accompagnamento amorevole di chi soffre

La nota - redatta l'8 dicembre, Solennità dell'Immacolata Concezione delle Vergine Maria - nasce, speigano i vescovi «come risposta all’emergere di derive sempre più drammatiche, quali l’eutanasia, il suicidio assistito e l’abbandono terapeutico, e intende essere uno strumento di accompagnamento pastorale e culturale per le nostre comunità cristiane, perché siano sempre più testimoni credibili del Vangelo della vita. In un tempo in cui si fa strada una cultura della morte, alla luce del Vangelo e del Magistero della Chiesa, desideriamo rinnovare il nostro "sì" alla vita, alla cura, all’accompagnamento amorevole di chi soffre».

I presuli campani, hanno voluto ricordare: la dignità della persona in sè e n relazione: ogni persona, scrivono «possiede una dignità intrinseca, inalienabile, incommensurabile, che non dipende da qualità accidentali o da capacità funzionali, ma dalla sua natura di creatura fatta a immagine e somiglianza di Dio»; il valore di dono della vita: «Nel contesto culturale odierno, dominato da un paradigma tecnocratico e individualista, è urgente riscoprire la dimensione sacrale della vita, che interpella la coscienza personale e collettiva. Il dono della vita implica anche il dovere di promuoverla, sostenerla e difenderla, specialmente là dove essa è più minacciata», sottolineano; il valore, in Cristo, della sofferenza e della morte: «La risposta cristiana non si esprime in una fuga dalla realtà, ma nella condivisione e nella speranza. Cristo, con la sua Passione e Risurrezione, ha redento anche il dolore, trasformandolo in via di salvezza», spiegano; il no all’eutanasia e al suicidio assistito, il sì alla cura e alle cure palliative; l’impegno pastorale: prossimità, accompagnamento, consolazione.

Il no all’eutanasia e al suicidio assistito. Il sì alla cura e alle cure palliative

È a partire da queste premesse che la Chiesa campana, in sinonia con la Chiesa italiana, nei sui vescovi, ribadisce «con forza il "no" della Chiesa all’eutanasia e al suicidio assistito, vogliamo farci eco della parola chiara del Magistero: nessuna legge può legittimare atti che sopprimono intenzionalmente una vita umana innocente. Tali pratiche, anche quando motivate da pietà o dal desiderio di evitare il dolore, rappresentano una grave violazione della dignità umana e un fallimento della società nel suo compito di accompagnare, sostenere, amare. Esse minano il fondamento della convivenza civile e rischiano di alimentare quella "cultura dello scarto" da cui tante volte ci ha messo in guardia Papa Francesco. Affermare il valore della vita significa dire un “sì” pieno e convinto alla cura, evitando ogni accanimento terapeutico o intervento sproporzionato. Curare significa prima di tutto "prendersi cura" della persona, non solo della malattia. Le cure palliative rappresentano oggi una risposta etica e scientifica adeguata alla sofferenza, capace di lenire il dolore, accompagnare con dignità e offrire sostegno umano e spirituale. Purtroppo, anche nella nostra Regione, però, esse sono adottate solo in minima parte: di fatto la legge sulle cure palliative non ha visto ancora una piena attuazione», si legge nella nota. «In questa prospettiva le cure palliative sono da considerarsi atto di giustizia e di carità, non rappresentano semplicemente un’opzione clinica, ma un dovere umano e sociale. La Chiesa le considera una risposta concreta e pienamente conforme all’etica cristiana, perché alleviano il dolore e la sofferenza senza provocare la morte, accompagnano la persona con rispetto e prossimità e mettono al centro il paziente e non solo la malattia. Secondo la Dottrina Sociale della Chiesa, il bene comune richiede che lo Stato garantisca l’accesso universale ed equo alle cure palliative. Chiediamo con forza, perciò, che le strutture sanitarie, pubbliche e private, siano sempre più dotate di unità di cure palliative e che il personale sia formato secondo una visione integrale della persona. La cura non è solo un dovere professionale, ma una vocazione all’amore», aggiungono i vescovi.

L’impegno pastorale: prossimità, accompagnamento, consolazione

Tutte le comunità sono chiamate, quindi, ad essere "case della misericordia", luoghi dove chi soffre possa trovare ascolto, sostegno, preghiera; dove si promuove “il ministero della consolazione”, chiediamo di essere segni luminosi di speranza e di coinvolgere le comunità cristiane in questo servizio così prezioso; dove educare alla vita, formare le coscienze: «nei cammini di formazione si dia, perciò, ampio spazio alla conoscenza dei santi educatori e della carità, modelli concreti a cui ispirarsi. Pensiamo ad esempio a San Camillo de Lellis, patrono degli ammalati e degli ospedali; a Santa Teresa di Calcutta che ha testimoniato la carità verso i morenti; a San Giovanni Paolo II, il Papa della Salvifici Doloris che ha vissuto nella carne la sofferenza con dignità e fede, annunciando la “grazia della debolezza”. Non possiamo dimenticare, inoltre, i tanti testimoni di santità delle nostre terre, primo fra tutti Giuseppe Moscati, il medico santo che “vedeva Cristo stesso nel malato, che, nella sua debolezza, nella sua miseria, nella sua fragilità e insicurezza, a lui si rivolgeva invocando aiuto; vedeva chi gli stava innanzi come una persona, un essere in cui c’era un corpo bisognoso di cura, ma anche un essere in cui albergava uno spirito pur esso bisognoso di aiuto e di conforto”».

Appello alla società civile, alle istituzioni e ai politici

La vita non è un affare privato, ribadiscono i vescovi campani che per questo cheidono «con forza alle istituzioni pubbliche di difendere e promuovere la vita in ogni fase e condizione. Chiediamo che si tutelino i più deboli, che si garantisca l’accesso universale alle cure, che s’incentivino le cure palliative e ci si opponga con chiarezza all’eutanasia e al suicidio assistito», domandando «sul “fine vita” leggi giuste che tengano conto delle reali necessità dei cittadini e siano espressione di un confronto il più ampio possibile, libero da logiche di parte ed eventuali strumentalizzazioni. A riguardo ci preoccupano le recenti iniziative regionali, intraprese in Campania come in altre Regioni, e riteniamo, in linea con le sentenze della Corte Costituzionale, che la sede naturale per legiferare su un tema così delicato debba essere il Parlamento. Ai politici, in particolare, chiediamo di avviare, su questo tema, una riflessione profonda, sulle basi della dignità della persona. A loro domandiamo uno sguardo non parziale sui diritti della persona in ogni fase della sua vita, e in particolare nei momenti di massima vulnerabilità». 

Leggi la Nota pastorale Custodire ogni vita, accompagnare ogni sofferenza

 







Questo sito web utilizza i cookie
Questo sito o gli strumenti di terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento e utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più consulta la cookie policy. Chiudendo questo banner acconsenti all'uso dei cookie.
design komunica.it | cms korallo.it.