Un gioco di colori che disegna un cammino da percorrere e condividere, nella luce della speranza. È questa l’immagine scelta dall'Ufficio per le comunicazioni sociali della Conferenza episcopale italiana per il manifesto della 59esima Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, che ricorre domani 1 giugno, ed è dedicata al tema "Condividete con mitezza la speranza che sta nei vostri cuori (cfr 1Pt 3,15-16)".
«Il visual – spiega Vincenzo Corrado, direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali – rappresenta il cammino che le persone compiono, guidate dalla speranza. I colori aprono l’orizzonte alla certezza che la via è concreta e possibile e conduce a un futuro di pace. La nostra comunicazione, dunque, non può che essere ‘disarmata e disarmante’ e su questo intendiamo impegnarci». L'immagine è un’elaborazione grafica che Filippo Andreacchio (Lamorafalab Studio Creativo) ha realizzato a partire dalla foto della “Vetrata con speranza” (Poli A., 2009), conservata nella diocesi di Trento e tratta dall’Archivio BeWeb.
«Al centro della comunicazione la responsabilità personale e collettiva verso il prossimo»
Il messaggio, a firma di papa Francesco, fu pubblicato lo scorso 24 gennaio, giorno della memoria liturgica di San Francesco di Sales. Papa Francesco invita gli operatori dei media ad essere «comunicatori di speranza, incominciando da un rinnovamento del vostro lavoro e della vostra missione secondo lo spirito del Vangelo» e a «non diffondere pregiudizio, rancore, fanatismo, odio». Mitezza e speranza sono i temi principali contenuti nel messaggio di papa Bergoglio.
«In questo nostro tempo segnato dalla disinformazione e dalla polarizzazione, dove pochi centri di potere controllano una massa di dati e di informazioni senza precedenti, mi rivolgo a voi nella consapevolezza di quanto sia necessario – oggi più che mai – il vostro lavoro di giornalisti e comunicatori. C’è bisogno del vostro impegno coraggioso nel mettere al centro della comunicazione la responsabilità personaale e collettiva verso il prossimo», scrive il Santo Padre.
Importante disarmare la comunicazione
«Troppo spesso oggi la comunicazione non genera speranza, ma paura e disperazione, pregiudizio e rancore, fanatismo e addirittura odio. Troppe volte essa semplifica la realtà per suscitare reazioni istintive; usa la parola come una lama; si serve persino di informazioni false o deformate ad arte per lanciare messaggi destinati a eccitare gli animi, a provocare, a ferire. Ho già ribadito più volte la necessità di “disarmare” la comunicazione, di purificarla dall’aggressività. Non porta mai buoni frutti ridurre la realtà a slogan. Vediamo tutti come – dai talk show televisivi alle guerre verbali sui social media – rischi di prevalere il paradigma della competizione, della contrapposizione, della volontà di dominio e di possesso, della manipolazione dell’opinione pubblica», continua papa Francesco, aggiungendo che nella Prima Lettera di Pietro (3,15-16) «troviamo una sintesi mirabile in cui la speranza viene posta in connessione con la testimonianza e con la comunicazione cristiana: "Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto"...La comunicazione dei cristiani – ma direi anche la comunicazione in generale – dovrebbe essere intessuta di mitezza, di prossimità: lo stile dei compagni di strada, seguendo il più grande Comunicatore di tutti i tempi, Gesù di Nazaret, che lungo la strada dialogava con i due discepoli di Emmaus facendo ardere il loro cuore per come interpretava gli avvenimenti alla luce delle Scritture».
Una comunicazione da sognare insieme
Il papa ha poi condiviso il proprio sogno sulla comunicaizone che, come la speranza è un progetto di comunità: «Sogno per questo una comunicazione che sappia renderci compagni di strada di tanti nostri fratelli e sorelle, per riaccendere in loro la speranza in un tempo così travagliato. Una comunicazione che sia capace di parlare al cuore, di suscitare non reazioni passionali di chiusura e rabbia, ma atteggiamenti di apertura e amicizia; capace di puntare sulla bellezza e sulla speranza anche nelle situazioni apparentemente più disperate; di generare impegno, empatia, interesse per gli altri. Una comunicazione che ci aiuti a «riconoscere la dignità di ogni essere umano e [a] prenderci cura insieme della nostra casa comune» (Lett. enc. Dilexit nos, 217). Sogno una comunicazione che non venda illusioni o paure, ma sia in grado di dare ragioni per sperare. Martin Luther King ha detto: «Se posso aiutare qualcuno mentre vado avanti, se posso rallegrare qualcuno con una parola o una canzone... allora la mia vita non sarà stata vissuta invano». Per fare ciò dobbiamo guarire dalle “malattie” del protagonismo e dell’autoreferenzialità, evitare il rischio di parlarci addosso: il buon comunicatore fa sì che chi ascolta, legge o guarda possa essere partecipe, possa essere vicino, possa ritrovare la parte migliore di sé stesso ed entrare con questi atteggiamenti nelle storie raccontate. Comunicare così aiuta a diventare “pellegrini di speranza”, come recita il motto del Giubileo. La speranza è sempre un progetto comunitario. Pensiamo per un momento alla grandezza del messaggio di questo anno di grazia: siamo invitati tutti – davvero tutti! – a ricominciare, a permettere a Dio di risollevarci, a lasciare che ci abbracci e ci inondi di misericordia. Si intrecciano in tutto questo la dimensione personale e quella comunitaria. Ci si mette in viaggio insieme, si compie il pellegrinaggio con tanti fratelli e sorelle, si attraversa insieme la Porta Santa».
Leggi il messaggio per la 59esima Giornata mondiale per le comunicazioni sociali
Papa Leone XIV: insieme per una comunicazione che faccia uscire l'umanità dalla torre di Babele
Nel suoi primo discorso agli oepratori della comunicazione, papa Leone XIV ha ripreso l'invito ad una comunicazione di pace lanciato da papa Francesco: «Nel “Discorso della montagna” Gesù ha proclamato: «Beati gli operatori di pace» (Mt 5,9). Si tratta di una Beatitudine che ci sfida tutti e che vi riguarda da vicino, chiamando ciascuno all’impegno di portare avanti una comunicazione diversa, che non ricerca il consenso a tutti i costi, non si riveste di parole aggressive, non sposa il modello della competizione, non separa mai la ricerca della verità dall’amore con cui umilmente dobbiamo cercarla. La pace comincia da ognuno di noi: dal modo in cui guardiamo gli altri, ascoltiamo gli altri, parliamo degli altri; e, in questo senso, il modo in cui comunichiamo è di fondamentale importanza: dobbiamo dire “no” alla guerra delle parole e delle immagini, dobbiamo respingere il paradigma della guerra...Oggi, una delle sfide più importanti è quella di promuovere una comunicazione capace di farci uscire dalla “torre di Babele” in cui talvolta ci troviamo, dalla confusione di linguaggi senza amore, spesso ideologici o faziosi. Perciò, il vostro servizio, con le parole che usate e lo stile che adottate, è importante. La comunicazione, infatti, non è solo trasmissione di informazioni, ma è creazione di una cultura, di ambienti umani e digitali che diventino spazi di dialogo e di confronto. E guardando all’evoluzione tecnologica, questa missione diventa ancora più necessaria. Penso, in particolare, all’intelligenza artificiale col suo potenziale immenso, che richiede, però, responsabilità e discernimento per orientare gli strumenti al bene di tutti, così che possano produrre benefici per l’umanità. E questa responsabilità riguarda tutti, in proporzione all’età e ai ruoli sociali...Per questo ripeto a voi oggi l’invito fatto da Papa Francesco nel suo ultimo messaggio per la prossima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali: disarmiamo la comunicazione da ogni pregiudizio, rancore, fanatismo e odio; purifichiamola dall’aggressività. Non serve una comunicazione fragorosa, muscolare, ma piuttosto una comunicazione capace di ascolto, di raccogliere la voce dei deboli che non hanno voce. Disarmiamo le parole e contribuiremo a disarmare la Terra. Una comunicazione disarmata e disarmante ci permette di condividere uno sguardo diverso sul mondo e di agire in modo coerente con la nostra dignità umana. Voi siete in prima linea nel narrare i conflitti e le speranze di pace, le situazioni di ingiustizia e di povertà, e il lavoro silenzioso di tanti per un mondo migliore. Per questo vi chiedo di scegliere con consapevolezza e coraggio la strada di una comunicazione di pace».