Acutis e Frassati santi nell'anno giubilare: le loro vite inno di speranza

Due testimoni del Vangelo e due punti di riferimento per i giovani, saranno canonizzati insieme da papa Leone XIV domani, domenica 7 settembre. Anche la Chiesa italiana espirme la sua gioia per l'avvenimento. Per l'occasione, inDialogo Blog ripropone le riflessioni del presidente dell'Azione cattolica di Nola, Vincenzo Formisano, e del parroco di San Francesco di Paola in Scafati, don Peppino De Luca

Domani, domenica 7 settembre, Carlo Acutis e Pier Giorgio Frassati saranno canonizzati da Papa Leone XIV

La Chiesa in Italia esprime gratitudine e gioia per il dono di due nuovi santi, modelli per i giovani di ogni tempo. Alla vigilia della loro canonizzazione, in programma a Roma il prossimo 7 settembre, la Presidenza della Conferenza episcopale italiana invita le comunità ecclesiali a unirsi in preghiera per rendere lode al Signore: la testimonianza di questi figli della Chiesa in Italia, che hanno incarnato il Vangelo nelle pieghe della quotidianità e nei loro ambienti di vita, continua a ispirare generazioni di ragazzi e a dare frutto sui territori. 

Cei: «La santità rende il mondo più simile al Figlio di Dio»

“La santità – sottolinea la Presidenza della Cei – è un dono che innerva la storia della persona, rende il mondo e se stessi più simili al Figlio di Dio fatto uomo. L’io diventa trasparente all’Amore che è sempre fedele, libera lo sguardo e dilata l’accoglienza degli altri che con noi sono viandanti in cammino. La santità trasforma il tempo, proiettandolo in quella dimensione che per noi è oggi il nostro divenire ma già appartiene all’oltre che ci attende”. Per la Presidenza della Cei, “è ulteriore motivo di gioia il fatto che Acutis e Frassati siano proclamati santi nell’anno del Giubileo: la loro esistenza, che è stata un inno alla speranza, è un incoraggiamento a mettersi in cammino, a ‘vivere e non vivacchiare’ (Frassati) e a considerare l’Eucaristia ‘un’autostrada verso il Cielo’ (Acutis). La loro testimonianza genererà, senz’altro, altre storie di santità alla sequela del Signore che continua a essere presente nelle nostre vite”.

Pier Giorgio Frassati: la grandezza di essere semplicemente cristiano

Vincenzo Formisano, presiedente dell'Azione cattolica della diocesi di Nola, ha offerto, in occasione dell'annuncio della canonizzazione, lo scorso novembre, la sua riflessione su Frassati, socio di Ac, che scelse di vivere in modo straordinariamente "normale" il quotidiano, nella consapevolezza che «Dio c'è».

«La canonizzazione di Pier Giorgio Frassati avverrà durante il Giubileo dei giovani che cade nel centenario della sua morte. Una canonizzazione attesa, che riempie di gioia e gratitudine tutta l’Azione cattolica e le tante persone che hanno avuto modo di incrociare la storia di questo torinese che ha vissuto la sua breve vita come un dono continuo - scriveva Formisano -. Ma come inquadrare il valore e l’importanza della canonizzazione di Frassati al di là di una logica di “appartenenza”? Se proviamo a pensare al tempo storico in cui Pier Giorgio visse e al ceto sociale a cui apparteneva può sembrare che la sua vita abbia poco da dire ai giovani di oggi, a differenza di altre figure percepibili come più vicine e affini. Chiedersi cosa possa testimoniare un giovane vissuto agli inizi del secolo scorso, figlio dell’alta borghesia torinese, è davvero più che legittimo - sottolineava il presidente diocesano - Sono convinto che il valore della vita di Pier Giorgio stia esattamente in questa dissonanza: la sua breve vita parla con forza alla vita di tutti noi, la sua testimonianza scavalca le pieghe della storia, perché è profondamente incarnata nell’ordinarietà e si basa sugli elementi essenziali della nostra fede. Non è questo il luogo in cui ripercorrere le tappe biografiche di Frassati, anche perché i suoi ventiquattro anni non sono segnati da eventi personali particolarmente eclatanti: la sua è stata una vita fatta di un’ordinarietà senza grossi stravolgimenti, ma solida, fatta di interiorità, generosità, relazioni belle e gioiose, entusiasmo, cura e sollecitudine verso il prossimo, missionarietà».

Piergiorgio ha saputo farsi dono continuo, concludeva Formisano: «La sua profonda consapevolezza che ha senso vivere solo se in relazione con gli altri e l’Altro, altrimenti si “vivacchia”, mi pare essere il filo rosso che dà coerenza a tutto ciò che ha contraddistinto una vita che altrimenti appare difficilmente “inquadrabile”, quasi schizofrenica ma che invece non lo è. Un filo rosso che unisce il suo iscriversi alla Conferenza di san Vincenzo e al Partito Popolare; lo scegliere gli studi in ingegneria - portati avanti con fatica - per aiutare i minatori e il farsi espellere dal “Cesare Balbo” - circolo Fuci - per indisciplina per aver provato a sollevare l’atmosfera di una riunione noiosa che stava spegnendo l’entusiasmo degli amici che con fatica era riuscito a far partecipare; il suo fare a pugni coi fascisti e tenere nascosta la malattia nei giorni in cui la famiglia soffriva per il lutto della nonna; l’Eucarestia quotidiana e le uscite in montagna con la Compagnia dei Tipi Loschi; le incomprensioni con i suoi genitori e l’allegria travolgente. Questo filo rosso è il motivo per cui Pier Giorgio parla a tutti noi ancora e soprattutto oggi. In un momento in cui si tende sempre più all’individualismo, all’autocentramento, al disimpegno, in cui il tempo è sempre troppo poco e quel poco che avanza non è destinabile alle esigenze degli altri la figura di Pier Giorgio ci dimostra che non solo è possibile scegliere un orizzonte di senso diverso, ma che si può farlo con gioia. Per questo Pier Giorgio ci provoca e probabilmente ci mette anche in crisi: è un Santo che ci mostra come mettere Dio e gli altri al centro sia sconvolgente per la nostra vita, non tanto per quello che facciamo, ma per il fuoco interiore che ci muove e dà un sapore diverso ai nostri giorni. Pier Giorgio, infatti, è stato ed è rimasto nella sua straordinarietà un giovane come tutti possono esserlo: aveva i suoi dubbi e le sue certezze, i suoi tormenti e i suoi slanci, le sue contraddizioni e la sua voglia di non accontentarsi di una vita insipida. Era un giovane “normale” - se così possiamo definirlo - in cui tutti possono riconoscersi e proprio per questo offre la testimonianza di una santità grande, ma alla portata di ognuno perché come ha scritto Karl Rahner: : "Frassati è un cristiano, lo è semplicemente, [...] in maniera assolutamente spontanea, come se ciò fosse una cosa spontanea per tutti. Egli trae la forza e il coraggio di essere qual è non dall’opposizione alla generazione dei genitori, non da una diagnosi o da una prognosi della cultura di allora, o da cose simili, bensì dalla realtà cristiana: che Dio c’è, che ciò che ci sostiene è la preghiera, che il sacramento nutre l’eterno nell’uomo, che tutti gli uomini sono fratelli"».

Carlo Acutis: giovane volto della gioia del Vangelo

Don Peppino De Luca, parroco di San Francesco di Paola in Scafati, ha condiviso, per inDialogo nei mesi scorsi, la personale e comunitaria esperienza di fede fatta nell'incontro con la testimonianza di santità del giovane milanese Acutis innamorato del Rosario e dell'Eucaristia. 

Carlo Acutis, scriveva don De Luca, è stato «un ragazzo del nostro tempo, cresciuto in una famiglia agiata e ha saputo trasformare i molti doni che la vita gli ha riservato in occasioni per incontrare il Signore e per farlo sentire più vicino a chi ancora non lo conosceva. Da quando Carlo ha ricevuto la prima comunione ha deciso di vivere quotidianamente la messa e il rosario. "Ci si mette di fronte al sole ci si abbronza… ma quando ci si mette dinnanzi a Gesù Eucaristia si diventa santi" e "L’Eucaristia? È la mia autostrada per il Cielo!". Sono le sue ormai celebri frasi che svelano la sua ferma volontà di crescere nella fede e di diffondere il culto eucaristico. Lo fa grazie alle sue incredibili abilità con il computer e alla capacità di utilizzare Internet, realizzando una mostra sui miracoli eucaristici, ma soprattutto sostando davanti al tabernacolo, con la confessione settimanale, nel confronto con la Scrittura. Carlo ha avuto un grande affetto per i poveri e con i suoi risparmi comprava sacchi a pelo per i clochard e la sera portava loro pietanze e bevande calde. Con fede decisa e la scelta di offrire la sua sofferenza per il Papa e la Chiesa, ha affrontato anche la rapida e inesorabile malattia che lo ha portato alla morte -ricordava don De Luca -. È stato poi sepolto ad Assisi, la città del Poverello che profondamente amava. In quella stessa città è stato proclamato beato il 10 ottobre 2020»

La figura di Carlo suscita curiosità e fascino, trasmettendo con facilità la freschezza e la gioia del Vangelo e invitando a coltivare talenti e a voler bene e aiutare i più fragili, sottolineava ancora il parroco di Scafati, aggiungendo che «un incontro con la testimonianza della santità di Carlo per me è stato frutto di un caso ma che, nel tempo, ho riconosciuto come segno di provvidenza: nel 2011, infatti, trovai un’immaginetta di Carlo nella Chiesa di santa Maria Maggiore (attualmente Santuario della Spogliazione) ad Assisi e tanto restai colpito da quel giovane volto che cercai di conoscerne la storia. Scoprendo la profondità della sua fede e della sua passione per il Vangelo, decisi di portare in parrocchia la storia di Carlo. Da quel momento, il giovane beato ci ha accompagnato in un cammino ricco di incontri, relazioni e segni di benevolenza. Tanto era l’affetto che cresceva nella comunità che, nel ricordo dei dieci anni dalla fondazione, abbiamo deciso di intitolargli il nostro oratorio parrocchiale. Il secondo dedicato a Carlo, dopo quello di Assisi. Nell’occasione della festa del decennale, abbiamo avuto la gioia di accogliere nella nostra parrocchia, per la prima volta, la famiglia di Carlo ascoltando la loro testimonianza. Un momento significativo che ha segnato l’inizio di un forte legame spirituale, rafforzato dalla profonda vicinanza e partecipazione della comunità parrocchiale anche nel percorso di beatificazione di Carlo, volendo essere sempre presente, sia spiritualmente che fisicamente».      

A mamma Antonia, madre di Carlo, don De Luca, ha donato, insieme ad un altro presbitero nolano, don Raffaele Rianna, una corona del rosario con l’effige della Madonna di Pompei, a cui Carlo era particolarmente legato: «Un momento toccante è stato quando abbiamo visto intrecciato tra le mani di Carlo quello stesso rosario, prima che il suo corpo venisse esposto. L’amicizia di mamma Antonia che ha spesso visitato la nostra comunità, partecipando alle celebrazioni e condividendo momenti di preghiera e riflessione, sono un vero dono che porta frutti spirituali di riflessione e conversione - scriveva il sacerdote -. Una spinta e un vigore spirituale che ha rinnovato la vita della comunità, in particolare i più giovani. La loro vitalità, le loro speranze e preoccupazioni hanno trovato in Carlo un fratello maggiore che riesce a comprendere e orientare ciò che portano nel cuore. Dopo la beatificazione di Carlo, abbiamo vissuto una rinnovata spinta pastorale, sentivamo il bisogno di sentirci sempre più uniti come Chiesa di Cristo. Nel segno di questa volontà, le parrocchie di Scafati e, in modo particolare, i giovani delle comunità si sono riuniti per vivere la memoria del beato vivendo momenti intercomunitari che ci hanno permesso di riscoprire il gusto di camminare insieme».






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