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aver preparato e gestito l’annuale Ballata, espressione di religiosità popolare unica nel suo genere e espressione dello spirito di amicizia autenticamente paoliniano: «Sono sempre più convinto che per comprendere e apprezzare la festa, bisogna stare in mezzo alla nostra gente e coinvolgersi con passione. Portando, infatti, il mio saluto durante le cene dei comitati, sono rimasto impressionato anche da certa compostezza e dal rispetto che tanti giovani e meno giovani, bambini e adulti di ogni estrazione culturale e professionale, seduti alla stessa tavola come una sola grande famiglia», scrive monsignor Marino.
Uno spirito ritrovato domenica mattina «quando un “mare di gente” ha permesso alla barca e agli obelischi di giungere in piazza già prima di mezzogiorno», purtroppo fiaccato da episodi di violenza serali ribalzati all’occhio della cronaca, che «sebbene non dicano il tutto di una festa, vanno incondizionatamente condannati. La gravità di questi atti ad opera di alcuni facinorosi, stona anzitutto con il periodo storico che stiamo vivendo: come avevo affermato nella breve allocuzione per la benedizione, il compito di noi cristiani è quello di pregare per la pace e in particolare per il disarmo a tutti i livelli. Per questo è ancor più assurdo che una festa religiosa, che deve essere palestra di pace e di fraternità, si trasformi per alcuni in occasione di scontro con espressione di odio e violenza», aggiunge il presule che invita però a non lasciarsi scoraggiare da queste derive.
Per migliorare la Festa dei Gigli, sottolinea monsignor Marino, bisogna riconsiderare diversi presupposti e ne richiama alcuni che spera siano oggetto di riflessione e di verifica nelle sedi opportune: ristabilire la frattura evidente tra famiglie assegnatarie del Giglio, Maestri di festa e paranze; non prolungare oltremodo i tempi della manifestazione; non trascurare la responsabilità di usare parole e atti pacifici; curare le motivazioni di fede in tutti: «Nola deve ritornare ad essere il centro della fede dell’intera nostra diocesi e lo può fare solo se la città, anche nella sua componente civile e culturale oltre che religiosa e associativa, riscopre le sue radici essenzialmente cristiane come ho voluto riaffermare nel mio messaggio alla vigilia della memoria liturgica di san Paolino: Nola, ricordati di Gesù Cristo! La festa dei Gigli è in un certo senso l’esame annuale del nostro DNA ecclesiale e civile: siamo ancora quel crocevia dello Spirito? Siamo ancora ospitali? Siamo ancora capaci di relazioni amicali significative? Siamo ancora capaci di religiosità autentica o solo affezionati a festeggiamenti mondani?», domanda monsignor Marino.
La lettera di monsignor Marino
Ecco il testo della lettera del vescovo di Nola alla Città.
Carissimi amici della Città di Nola e quanti amate la nostra Festa dei Gigli, al termine dei festeggiamenti in onore del nostro Patrono, il vescovo desidera rivolgere a tutti voi un saluto di pace".
Desidero cordialmente ringraziarvi per la fatica nel preparare e gestire l’annuale Ballata. Non è facile – e lo sappiamo bene noi che abitiamo la città – curare una manifestazione così importante per durata e intensità e che coinvolge non solo i nolani, ma attrae devoti e appassionati da numerosi paesi. È, senza dubbio, un’espressione di religiosità popolare unica nel suo genere; ne sono segno le numerose attestazioni di stima e il riconoscimento dell’UNESCO. Sono sempre più convinto che per comprendere e apprezzare la festa, bisogna stare in mezzo alla nostra gente e coinvolgersi con passione. Portando, infatti, il mio saluto durante le cene dei comitati, sono rimasto impressionato anche da certa compostezza e dal rispetto che tanti giovani e meno giovani, bambini e adulti di ogni estrazione culturale e professionale, seduti alla stessa tavola come una sola grande famiglia. Questo spirito di amicizia autenticamente paoliniano, lo abbiamo ritrovato domenica mattina, quando un “mare di gente” ha permesso alla barca e agli obelischi di giungere in piazza già prima di mezzogiorno, un orario insolito rispetto al passato, ma più consono stante gli effetti del cambiamento climatico che non possiamo ignorare anche in futuro. Da questi riferimenti e da altri segnali, si è visto che c’erano tutti i presupposti per procedere in maniera serena. Purtroppo, gli episodi con qualche tratto di violenza verificatisi nella notte e ribalzati all’occhio della cronaca, sebbene non dicano il tutto di una festa, vanno incondizionatamente condannati. La gravità di questi atti ad opera di alcuni facinorosi, stona anzitutto con il periodo storico che stiamo vivendo: come avevo affermato nella breve allocuzione per la benedizione, il compito di noi cristiani è quello di pregare per la pace e in particolare per il disarmo a tutti i livelli. Per questo è ancor più assurdo che una festa religiosa, che deve essere palestra di pace e di fraternità, si trasformi per alcuni in occasione di scontro con espressione di odio e violenza.
Mentre deprechiamo fermamente quanto accaduto, non lasciamoci scoraggiare da queste derive. Per migliorare la nostra kermesse dobbiamo riconsiderare diversi presupposti, ne richiamo solo alcuni che spero saranno oggetto di riflessione e di verifica nelle sedi opportune. Innanzitutto, ristabilire la frattura evidente tra famiglie assegnatarie del Giglio, Maestri di festa e paranze, spesso ingaggiate da fuori città e da paesi dove si verificano gli stessi problemi. Accade, infatti, che alla generosa abnegazione delle Corporazioni familiari, riscontrabile per un anno intero nelle diverse occasioni, poi non corrisponda la stessa serietà nel giorno della ballata dove tutto poggia sulle sole spalle della paranza. Vanno tutelate sempre le persone perbene, i bambini e gli anziani durante quella che – non lo dimentichiamo – è chiamata la “processione dei Gigli”; quando la devozione cede il passo alla competizione non è infrequente che si debordi in altre forme non consone al significato bello della festa. Va anche detto, in secondo luogo, che i tempi dell’esibizione non possono essere oltremodo prolungati, perché è notorio che oggi la prestanza fisica non è più quella dei giovani d’un tempo abituati al lavoro manuale e cedendo la resistenza, accade che si presuma di farsi forza con l’aggressività verbale verso l’altro comitato. Bisogna pertanto gestire meglio gli orari e curare meglio il linguaggio delle canzoni, tale da essere un vero patrimonio culturale secondo la tradizione, e delle sollecitazioni dei capiparanza dagli altoparlanti. Non bisogna trascurare la responsabilità di usare parole e atti pacifici, che non incitino a forme di violenza, evitando anche atteggiamenti scomposti che, tra l’altro oggigiorno, i social catturano e rilanciano fuori contesto. Non la caparbietà agonistica, ma l’autentica devozione può offrire persistenza nello sforzo; bisogna isolare altresì chi si galvanizza impropriamente. Disarmare significa anche evitare che la festa diventi il pretesto per sfogare malesseri e disagi esistenziali. Infine, si devono curare le motivazioni di fede in tutti. Nola deve ritornare ad essere il centro della fede dell’intera nostra diocesi e lo può fare solo se la città, anche nella sua componente civile e culturale oltre che religiosa e associativa, riscopre le sue radici essenzialmente cristiane come ho voluto riaffermare nel mio messaggio alla vigilia della memoria liturgica di san Paolino: Nola, ricordati di Gesù Cristo! La festa dei Gigli è in un certo senso l’esame annuale del nostro DNA ecclesiale e civile: siamo ancora quel crocevia dello Spirito? Siamo ancora ospitali? Siamo ancora capaci di relazioni amicali significative? Siamo ancora capaci di religiosità autentica o solo affezionati a festeggiamenti mondani? Paolino, con il suo metodo poetico e spirituale aiuta a comprendere che l’aggressività delle critiche e gli atteggiamenti ostili non rendono mai onore alla grandezza di Nola. Egli non cadde mai nella trappola delle provocazioni o negli umori delle piazze, ma si adoperò nel correggere con la bellezza gli abbrutimenti delle grettezze ideologiche e dei populismi che, oggi come allora, fanno tanto male al bene comune. È questa la strada anche per noi: quando tutto sembra crollare, costruiamo il futuro unendo le forze. Lavoriamo dunque insieme, comunità cristiana e società civile, nel rispetto reciproco della diversità dei ruoli e delle competenze, perché la nostra amata Nola faccia notizia per la grandezza della sua identità di fede e di cultura e non per l’offesa di alcuni violenti. Vi saluto nel Signore.
+ Francesco, vescovo