L'Eucaristia deve plasmare la vita del sacerdote

L'omelia del vescovo Marino durante la Santa Messa Crismale dello scorso 6 aprile

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La relazione tra ministero sacerdotale e mistero eucaristico è stata al centro dell'omelia del vescovo di Nola, Francesco Marino, durante la Santa Messa Crismale dello scorso 6 aprile, celebrata presso la Cattedrale di Nola.

Tre i punti affrontati dal vescovo:

  • La novità del sacerdozio di Cristo: "Ogni altro sacerdote - ricorda monsignor Marino - offre qualcosa fuori di sé, Cristo ha offerto se stesso; ogni altro sacerdote offre delle vittime, Cristo si è offerto vittima! Sant’Agostino ha racchiuso in una formula celebre questo nuovo genere di sacerdozio, in cui sacerdote e vittima sono la stessa cosa"
  • Imitate ciò che compite: "Il sacerdote - sottolinea il vescovo - non può accontentarsi di offrire Cristo al Padre nei segni sacramentali del pane e del vino, deve anche offrire se stesso con Cristo al Padre". 
  • Il corpo e il sangue: "Applicato a noi, offrire il corpo significa offrire il tempo, le risorse fisiche, mentali, un sorriso che è tipico di uno spirito che vive in un corpo; offrire il sangue significa offrire la morte. - aggiunge monsignor Marino - Non soltanto il momento finale della vita, ma tutto ciò che già fin da ora anticipa la morte: le mortificazioni, le malattie, le passività, tutto il negativo della vita".

Messa crismale Diocesi di Nola 2023

All'inizio della celebrazione il vicario generale della diocesi, monsignor Pasquale Capasso, ha rivolto al vescovo "il saluto della Chiesa di Nola qui riunita in assemblea per una celebrazione eucaristica speciale. Sì, la Santa Messa Crismale è una celebrazione speciale perché unica e perché sorgente della grazia che verrà donata mediante i sacramenti -ha detto il vicario -.Noi presbiteri ci ritroviamo intorno alla mensa per far memoria del dono del ministero insieme a Voi, segno visibile della presenza di Cristo buon pastore. Dono dato da Gesù nel Cenacolo. Siamo qui per crescere nella consapevolezza che siamo “figli del Cenacolo”. Siamo nati in quella stanza “al piano superiore”, dove Gesù diede convegno ai suoi amici. Sì, siamo nati in un contesto di amicizia e di intimità. Vorremmo chiedere al Signore questa mattina di conservarci al “piano superiore”! Ci sono situazioni e atteggiamenti che disturbano la bellezza del dono ricevuto. Il presbiterio è una sinfonia che può essere disturbata da voci stonate, attacchi fuori tempo, con strumenti obsoleti, tonalità incerta. Certo la sinfonia non è data da un canto o suono monocorde ma dall’armonia della diversità. L’io è il demone da cui Gesù ci mette in guardia: “rinneghi se stesso”. Il “secondo me” prevale spesso sul “abbiamo deciso noi e lo Spirito”. È il piano superiore che vogliamo recuperare per dare colore, sapore, efficacia, attrattiva all’esercizio del nostro ministero. Eccellenza, - ha concluso monsignor Capasso - mentre vi confermiamo il nostro affetto e la nostra stima, vi chiediamo di continuare ad accompagnare con la preghiera e il servizio ministeriale il cammino della nostra Chiesa di Nola perché in tutte le sue componenti possa conformarsi giorno dopo giorno al Maestro Gesù che in questo giorno diede l’esempio ai discepoli di un 'Amore fino alla fine'".

Prima della benedizione, il vescovo ha conferito a don Cosimo Esposito la nomina di canonico del Capitolo della Cattedrale di Nola.

Don Cosimo Esposito Canonico del Capitolo della Cattedrale

Questo il testo completo dell'omelia.

L'Eucarestia deve plasmare la vita del sacerdote

«A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen» (Ap 1, 5-8)

1. La novità del sacerdozio di Cristo

La liturgia della Messa crismale ci induce a meditare ancora una volta sul sacerdozio in relazione alla chiesa e al mistero eucaristico. Così fa la Presbyterorum Ordinis che, dopo aver parlato dei presbiteri come evangelizzatori, prosegue dicendo che “il loro servizio, che comincia con l'annuncio del Vangelo, deriva la propria forza e la propria efficacia dal sacrificio di Cristo” che essi rinnovano misticamente sull’altare.

Questi due compiti del sacerdote sono quelli che anche gli apostoli riservarono a se stessi: “Quanto a noi - dichiara Pietro negli Atti - continueremo a dedicarci alla preghiera e al ministero della Parola” (At 6,4). La preghiera di cui egli parla non è la preghiera privata; è la preghiera liturgica comunitaria che ha al suo centro la frazione del pane.

Come il sacrificio della Messa non si concepisce se non in dipendenza dal sacrificio della croce, così il sacerdozio cristiano non si spiega se non in dipendenza e come partecipazione sacramentale al sacerdozio di Cristo. È da qui che dobbiamo partire per scoprire cosa si richiede dal sacerdote in quanto ministro dell’Eucaristia.

La novità del sacerdozio di Cristo rispetto a quello dell’antica alleanza (e, come oggi sappiamo, rispetto a ogni altra istituzione sacerdotale anche fuori della Bibbia) è messa in rilievo nella Lettera agli Ebrei (che stiamo meditando in questi giorni durante l’Ufficio delle Letture) da diversi punti di vista: ma la differenza fondamentale viene descritta in questo passo: “Cristo, sommo sacerdote dei beni futuri […] è entrato una volta per sempre nel luogo santissimo, non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue. Così ci ha acquistato una redenzione eterna. Infatti, se il sangue di capri, di tori e la cenere di una giovenca sparsa su quelli che sono contaminati, li santificano, in modo da procurar la purezza della carne, quanto più il sangue di Cristo, che mediante lo Spirito eterno offrì se stesso puro di ogni colpa a Dio, purificherà la nostra coscienza dalle opere morte per servire il Dio vivente!” (Eb 9, 11-14).

Ogni altro sacerdote offre qualcosa fuori di sé, Cristo ha offerto se stesso; ogni altro sacerdote offre delle vittime, Cristo si è offerto vittima! Sant’Agostino ha racchiuso in una formula celebre questo nuovo genere di sacerdozio, in cui sacerdote e vittima sono la stessa cosa: “Ideo victor, quia victima, et ideo sacerdos, quia sacrificium”: "vincitore perché vittima, sacerdote perché sacrifico”.

Nel passaggio dai sacrifici antichi al sacrificio di Cristo si osserva la stessa novità che nel passaggio dalla legge alla grazia, dal dovere al dono. Da opera dell’uomo per placare la divinità e riconciliarla a sé, il sacrificio passa ad essere dono di Dio per placare l’uomo, farlo desistere dalla sua violenza e riconciliarlo a sé (cf. Col 1,20). Anche nel suo sacrificio, come in tutto il resto, Cristo è “totalmente altro”.

Messa Crismale Diocesi di Nola 2023

2. “Imitate ciò che compite”

La conseguenza di tutto ciò è chiara: per essere sacerdote “secondo l’ordine di Gesù Cristo”, il presbitero deve, come lui, offrire se stesso. Sull’altare, egli non rappresenta soltanto il Gesù “sommo sacerdote”, ma anche il Gesù “somma vittima”, essendo ormai le due cose inseparabili. In altre parole non può accontentarsi di offrire Cristo al Padre nei segni sacramentali del pane e del vino, deve anche offrire se stesso con Cristo al Padre. Raccogliendo un pensiero di sant’Agostino, la istruzione Eucharisticum mysterium, scrive: “La Chiesa, sposa e ministra di Cristo, adempiendo con lui all’ufficio di sacerdote e vittima, lo offre al Padre e, insieme, offre tutta se stessa con lui”.

Quello che qui si dice della Chiesa intera, si applica in modo tutto speciale al celebrante. Al momento dell’ordinazione, il vescovo rivolge agli ordinandi l’esortazione: “Agnoscite quod agitis, imitamini quod tractatis”: “Renditi conto di ciò che farai, imita ciò che celebrerai”. In altre parole: fai anche tu ciò che fa Cristo nella Messa, cioè offri te stesso a Dio in sacrificio vivente. È il senso profondamente spirituale delle promesse sacerdotali che tra poco rinnoverete, Christi amóre indúcti … animárum zelo tantum indúcti!

Scrive san Gregorio Nazianzeno:  “Sapendo che nessuno è degno della grandezza di Dio, della Vittima e del Sacerdote, se non si è prima offerto lui stesso come sacrificio vivente e santo, se non si è presentato come oblazione ragionevole e gradita (cf Rm 12, 1) e se non ha offerto a Dio un sacrificio di lode e uno spirito contrito – l’unico sacrificio di cui l’autore di ogni dono domanda l’offerta –, come oserò offrirgli l’offerta esteriore sull’altare, quella che è la rappresentazione dei grandi misteri?”.

È importante tenere ferma questa dimensione del sacerdozio, mentre stiamo recuperando la consapevolezza del Mistero e della Trascendenza, in questi giorni santi del Triduo pasquale! Bisogna esprimere tutto il significato della nostra personale partecipazione all’Eucarestia celebrata. Chi presiede invisibilmente a ogni Messa è il Gesù risorto e vivo, il Gesù, per essere esatti, che era morto, ma ora vive per sempre (cf. Ap 1, 18). Ma questo Gesù è il “Cristo totale”, Capo e corpo inscindibilmente uniti. Dunque, per tutti i membri del corpo ecclesiale, per ogni fedele cristiano, se è questo Cristo totale che pronuncia le parole della consacrazione, anch’egli le pronuncia con lui. Dentro l’“Io” grande del Capo, c’è nascosto il piccolo “io” del corpo che è la Chiesa, c’è anche il mio piccolissimo “io”!

Tuttavia, mentre, come presbiteri, come sacerdoti ordinati dalla Chiesa, pronunciamo le parole della consacrazione “in persona Christi”, credendo che, grazie allo Spirito Santo, esse hanno il potere di cambiare il pane nel corpo di Cristo e il vino nel suo sangue, allo stesso tempo, guardiamo i fratelli che abbiamo davanti, pensiamo a coloro che dobbiamo servire durante il giorno e, rivolto a essi, diciamo insieme con Gesù: “Fratelli e sorelle, prendete, mangiate: questo è il mio corpo; prendete, bevete, questo è il mio sangue”. Non lo dimentichiamo, qui abbiamo anche il fondamento cristologico ed eucaristico del nostro celibato casto e della veridicità della testimonianza d’amore della nostra vita povera e obbediente!

Una madre a suo figlio, in procinto di essere ordinato sacerdote, scriveva: “Ricordati, figlio mio, quando terrai in mano l’Ostia Santa, tu non dirai: ‘Ecco il corpo di Gesù, ecco il suo sangue’, ma dirai: ‘Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue’: cioè deve operarsi in te una trasformazione totale, devi perderti in lui, essere un altro Gesù”.

L’offerta del sacerdote e di tutta la Chiesa, senza quella di Gesù, non sarebbe né santa, né gradita a Dio, perché siamo solo creature e peccatori, ma l’offerta di Gesù, senza quella del suo corpo che è la Chiesa, sarebbe anch’essa incompleta e insufficiente: non, s’intende, per procurare la salvezza, ma perché noi la riceviamo e ce ne appropriamo. È in questo senso che la Chiesa può dire con san Paolo: “Completo nella mia carne ciò che manca alla passione di Cristo” (cf. Col 1, 24).

Gesù ama sconfinatamente il Padre celeste. A lui vuol fare ogni giorno, fino alla fine del mondo, il dono più prezioso che si possa pensare, quello della sua stessa vita. Nella Messa egli invita tutti i suoi “fratelli”, che siamo noi, a prendere parte al suo infinito atto d’amore di modo che esso giunga a Dio Padre come il dono indistinto di tutti i suoi figli, “il mio e vostro sacrificio”, lo chiama il sacerdote nell’Orate fratres. Ma, in realtà, sappiamo che uno solo ha pagato il prezzo di tale dono. E quale prezzo!

Messa Crismale Diocesi di Nola 2023

3. Il corpo e il sangue

Con la parola “corpo” Gesù ci ha donato la sua vita, con la parola sangue ci ha donato la sua morte. Applicato a noi, offrire il corpo significa offrire il tempo, le risorse fisiche, mentali, un sorriso che è tipico di uno spirito che vive in un corpo; offrire il sangue significa offrire la morte. Non soltanto il momento finale della vita, ma tutto ciò che già fin da ora anticipa la morte: le mortificazioni, le malattie, le passività, tutto il negativo della vita.

Proviamo a immaginare la vita sacerdotale vissuta con questa consapevolezza. Tutta la giornata, non solo il momento della celebrazione, è una eucaristia: insegnare, governare, confessare, visitare i malati, anche il riposo, anche lo svago, tutto. Un maestro spirituale diceva: “Il mattino (a quel tempo la Messa si celebrava solo di mattina) io sacerdote, Lui (Cristo) vittima; lungo la giornata, Lui sacerdote, io vittima. “Come fa bene un prete –diceva il Santo curato d’Ars – a offrirsi a Dio in sacrificio tutte le mattine”.

Grazie all’Eucaristia, anche la vita del sacerdote anziano, malato, e ridotto all’immobilità, è preziosissima per la Chiesa. Lui offre “il sangue”. Un sacerdote malato grave che si stava preparando per celebrare una delle sue ultime Messe con l’aiuto di un sacerdote giovane diceva: “Non avevo mai capito l’importanza di dire anche a nome mio nella Messa: “Prendete, mangiate; prendete bevete…”. Adesso l’ho capito. È tutto quello che mi resta e lo dico in continuazione pensando ai miei parrocchiani. Ho capito cosa vuol dire essere “pane spezzato” per gli altri.

Oggi ci auguriamo gli uni gli altri che sia l’Eucarestia a plasmare veramente la vita di tutti noi, presbiteri e laici! La “Donna eucaristica”, Maria ce lo insegni oggi e tutti i giorni della nostra vita!

X  Francesco





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