La fedeltà di Paolino interpella e scuote

Il Messaggio del vescovo Francesco per la Solennità di San Paolino, patrono della diocesi

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La fedeltà di san Paolino è al centro del messaggio che, come da tradizione, il vescovo di Nola, Francesco Marino, ha scritto alla diocesi, in occasione della Memoria liturgica del santo vescovo, patrono della diocesi e compatrono della regione ecclesiastica campana.

Il testo, intitolato La fedeltà di Paolino interpella e scuote, sarà consegnato ai fedeli al termine del Solenne Pontificale di questa mattina, alle 11.30, presso la Cattedrale di Nola.

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La fedeltà di Paolino interpella e scuote

Carissimi fratelli e sorelle della Chiesa di Nola,
la pace di Cristo, al cui ritmo batte, ora, per sempre, il cuore di Paolino, nella comunione dei Santi, sia con tutti voi.

Ancora oggi, quel ritmo guida i nostri passi su questa terra. Ancora oggi, a quel ritmo, proviamo a far danzare le nostre vite nel quotidiano. Ancora oggi, a quel ritmo, proviamo a far risuonare la nostra lode a Dio per aver benedetto noi, piccola porzione del suo popolo, con la presenza di Paolino a Nola.

A lui guardiamo per imparare la genitorialità, a lui guardiamo per imparare la fraternità, a lui guardiamo per imparare l’amicizia, a lui guardiamo per contemplare il ‘grande mistero e ministero’ della sponsalità, a lui guardiamo per rinvigorire la responsabilità pastorale del Vescovo e di ogni ministro della Chiesa. E ancora oggi, Paolino, non si sottrae al nostro sguardo.

In questi pochi anni di vita nolana, molte volte ho potuto ‘contemplare’ i vostri sguardi d’amore per Paolino: sguardi non sempre felici, spesso supplichevoli di grazie, spesso carichi di dolore, spesso traboccanti di lacrime; ma sempre, sguardi fiduciosi. Sempre il vostro passo, nell’andare a pregare presso la cappella in Cattedrale dedicata al nostro Santo vescovo, ha lasciato trasparire la sicurezza dei vostri cuori nell’essere ascoltati: perché Paolino non ‘tradisce’, mai.

Per ‘noi’ nolani Paolino è fedele, sempre, anche quando la grazia chiesta non arriva: Paolino è ‘uno che resta’, perché è in quel ‘restare’ che, come il Signore chiede ad ogni suo discepolo, ancora oggi, Paolino ‘dà da mangiare al suo popolo’ (Lc 9,13), ci dà da mangiare Cristo. Senza Cristo, non c’è Paolino. Senza Cristo, non ci sarebbe stato Paolino e Nola non sarebbe diventata quel laboratorio di speranza di cui si parlava da una sponda all’altra del Mediterraneo, conquistato da Paolino con la fede, la speranza e la carità.

Tutto di sé Paolino mise ai piedi di Cristo - le ricchezze materiali e quelle spirituali, ma anche i propri limiti e le proprie imperfezioni - perché ne disponesse per la costruzione del Regno, della promessa Gerusalemme di pace: le doti di buon amministratore, quelle di letterato, di artista ma anche l’amore per se stesso, per la famiglia d’origine, per il maestro Ausonio, per il figlioletto Celso, per Terasia e per tutto il popolo di Dio a lui affidato. Tutto, ricevendone in cambio libertà: lui, nato libero, si fece schiavo di Cristo per essere liberato.

Fedele a Cristo. Fedele in Cristo. Questo era Paolino.

Questa la sua fedeltà che ancora interpella, scuote, fa muovere, fa sperare. Interpella i nostri desideri di giustizia per territori depredati da illegalità e mafie; scuote le nostre coscienze troppo abituate alla normalità del degrado; fa muovere i nostri piedi oltre il recinto dell’orto individuale; fa sperare nella possibile costruzione di città amministrate e vissute nel rispetto del creato e della dignità di ogni suo abitante, anche se straniero. E ancora, interpella i giovani nella loro ricerca della felicità; scuote gli adulti, nella loro presunzione di conoscere il mondo, il futuro e pure Dio; fa muovere noi, ministri del Signore, spingendoci ad uscire dalle sacrestie; fa sperare i più deboli, troppo spesso lasciati indietro nel cammino verso un indefinito traguardo di progresso.

Trasformato da Cristo, Paolino trasformò in paradiso un luogo di morte. Posando il nostro sguardo su di lui, non possiamo non sentirci chiamati a prenderne il testimone e continuare la sua opera per una Nola e una diocesi che profumino di carità, speranza e fede. Che profumino di Cristo. Ce lo chiede Paolino. Ce lo chiede anche il piccolo Samuele, la cui voce, purtroppo, era troppo debole per attraversare i muri delle nostre distrazioni.

Sia per noi San Paolino stella cometa verso la mangiatoia. Seguiamolo, con fortezza e sapienza, e un giorno potremo ringraziarlo con le parole che lui rivolse al santo Felice: «Nella tua luce, gioioso, ho amato Cristo» (Carme XXI,373).

Vi benedico,
Francesco, vescovo

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